Quando l'anno scorso uscì Colorama io capii immediatamente di essere davanti ad un libro pazzesco. Un libro bellissimo e con potenzialità comunicative straordinarie: un libro poetico e scientifico, un libro rigoroso e che non smette di raccontare.
Giovedì avrò l'occasione di dialogare con Marie-Laure Cruschi all'inaugurazione della sua mostra dedicata proprio alle tavole originali di questo suo lavoro, ma sono stata ancora più onorata dal poter dialogare con lei intorno a tutti i suoi libri: le risposte ci offrono uno spaccato davvero affascinante dei pensieri che hanno fatto nascere i diversi libri.
Vi lascio alle sue parole, ringraziandola immensamente!
Della tua produzione editoriale dedicata ai bambini quello che colpisce è il lavoro sull’immagine e le sue potenzialità, penso a Opus élémentaire d'une jeune illustratrice, Ré-créatures e Trompe l’oeil. Le forme, i colori e le linee sembrano poter fare a meno della parola. Con quale idea sono nati questi libri? E perché li hai pensati rivolti ai bambini?
Molto tempo è trascorso tra queste tre opere. Ciascuna è frutto di una lunga maturazione del mio lavoro attorno a un linguaggio geometrico e colorato.
Il primo (Opus élémentaire d'une jeune illustratrice), l’ho creato quando ero ancora una studentessa alla scuola di Arti decorative di Parigi, più di 10 anni fa. È innanzitutto un esercizio di stile, dove gioco con le forme elementari e i colori primari per realizzare un linguaggio codificato. All’epoca, amavo costruire delle immagini riposte su dei vincoli e dei giochi di modularità, com’è nel caso dell’OuLiPo (Ouvroir de Littérature Potentielle, ndt) o nel lavoro di Paul Cox. Sfortunatamente il progetto non ha trovato un editore e ho dovuto ripensare il mio approccio grafico più in un’ottica di pubblico, affinché i miei progetti potessero approdare sul mercato.
È allora che ho elaborato Ré-créatures, che è un “méli-mélo”, dove creature geometriche possono crearsi e ricrearsi all’infinito grazie al principio di modularità. Si tratta di un dispositivo semplice e immediato, un libro-gioco che si fonda sull’effetto della sorpresa. Nella creazione d’immagini come nell’utilizzo dei colori, al suo interno esploro i meccanismi del gioco. Stampato in tinta piatta quattro colori (una tecnica di stampa prossima alla serigrafia), gioco a svincolarmi dal numero limitato dei colori, creandone di nuovi per mezzo del principio di sovrapposizione.
Anche Trompe l’œil è un libro gioco con molti vincoli creativi. Grazie ad un gioco di taglio e dissimulazione, un occhio di predatore nasconde in realtà un insetto, un pesce o un uccello che la natura ha equipaggiato di uno studiato trompe l’œil, appunto. Questo progetto è nato dalla voglia di rendere omaggio alle bellezze del regno animale. Le illustrazioni, più elaborate rispetto a quelle dei libri precedenti, sono più pittoriche che celebrali, tendono più al realismo, spostandosi su una gamma di colori a largo spettro, ma sempre mantenendo questo amore per la geometria mai abbandonata.
Più in generale, direi che amo elaborare delle opere più che libri gioco semplici e sensibili, suscettibili d’incantare tanto i bambini quanto i genitori, attraverso la loro dimensione ludica e didattica. Amo credere che esistano delle opere che, facendo appello alla meraviglia e alla curiosità di ciascuno senza differenza d’età, portino in sé un potenziale universale.
Il filo conduttore della tua produzione rivolta all’infanzia mi sembra sia la possibilità di associare elementi diversi e forse distanti, grazie a categorie trasversali. Così accade in A tutta velocità dove le unità illustrative che si creano alle diverse velocità mettono insieme compagni molto originali. Da dove è nata l’idea della velocità? Il concetto infatti è molto complesso e astratto: perché mai un bambino dovrebbe essere interessato a ciò che va, ad esempio, a 10 km/h?
Nelle mie opere di carattere divulgativo, amo offrire un altro modo di guardare il mondo. Raccogliere, repertare, classificare, che sia per colore, per genere, per ordine di grandezza è una meccanica che mi diverte molto quando giustamente vengo a comparare quello che abitualmente non si compara. Di là si libera un certo tipo di poesia e un effetto di sorpresa, che penso accenda il desiderio della conoscenza. È quello che ho cercato di esplorare con A tutta velocità. Mescolando i domini (regno animale, mondo meccanico) e le epoche (dai vichinghi ai giorni nostri) con una grande libertà che mi era congeniale: il mio obiettivo primario era d’offrire un supporto alla scoperta, nel quale piccoli e grandi vi si ritrovassero in maniera quasi universale. Scopriamo così che una lucertola corre veloce sull’acqua quanto la caravella Santa Maria o che un falco pellegrino scende in picchiata alla velocità di una formula 1. Separando in maniera netta testo e immagine, l’idea era d’offrire in primo luogo uno spazio di contemplazione e d’immaginazione. E in un secondo tempo, il glossario posto alla fine dell’opera, vuole incoraggiare la veridicità delle informazioni, rinforzare la parte nozionistica, sempre offrendo un apprendimento della relatività propria al concetto di velocità.
Con Colorama infine hai creato un capolavoro, dove finalmente la narrazione fa capolino, pur mantenendo un piglio divulgativo e immaginocentrico. Da dove è nata l’idea dei colori? Nella postfazione parli di “imparare e condividere” all’origine di questo libro: cosa significa?
Il colore è alla base del mio lavoro d’illustratrice. Intrattengo naturalmente con lui un rapporto molto intimo. È per me una fonte d’ispirazione, un supporto per la creazione ma anche un vettore d’emozione. Mi ricordo del potere d’attrazione che alcuni colori erano in grado di esercitare su di me quando ero una bambina. Il grigio dei licheni, il beige delle pecore, il giallo delle macchine edili, il rosso dei papaveri… Ancora oggi, li amo per quel sono, per i ricordi che risvegliano in me, ma anche per la storia che mi raccontano nel momento in cui m’interrogo sulle loro origini. Ogni colore è una finestra aperta sul mondo. Questa è precisamente la scoperta che desideravo donare ai lettori. Lungo tutto il percorso di elaborazione di quest’opera, sono stata spinta dalla sete di apprendere. Questa curiosità del mondo e questo desiderio di conoscenza, ho cercato di risvegliarli anche nel lettore, qualunque sia la sua età, attraverso una struttura semplice e sensibile, suscettibile di destare stupore. Costruito al contempo come un atlante cromatico e come un immaginario, l’opera presenta nei confronti di ciascun colore repertato, un nome, un’illustrazione e una piccola storia che gli sono associati. Si scopre da dove nasce l’indaco, perché i fenicotteri sono rosa e le cimici verdi, com’è fatto il carminio, il marrone delle mummie, o ancora qual è il punto in comune tra una fragola e una foglia autunnale… La classificazione del mondo in ordine cromatico attraverso più di 280 pagine offre un filo narrativo delicato e quasi invisibile. Il lettore può lasciarsi trasportare da una lettura tutta d’un fiato, lasciarsi condurre in un viaggio nel mondo meraviglioso dei colori o più liberamente vagabondare in funzione della propria sensibilità. Posto al confine tra generi (libro illustrato e divulgativo), credo che quest’opera trovi il proprio equilibrio nel sottile mélange tra approccio ludico, didattico e poetico.
Il lavoro che un testo di questo tipo richiede è vastissimo, qual è la cosa più bella che hai imparato nel lungo periodo delle tue ricerche cromatiche?
È difficile citare una cosa sola. Ho amato scoprire che numerosi pigmenti utilizzati in pittura hanno origini spesso sgradevoli. Il verde di Parigi, utilizzato dagli impressionisti, era nei fatti dell’arsenico utilizzato per sterminare i ratti che invadevano la città. Il marrone mummia, venduto dagli speziali nel XIX secolo, era effettivamente una polvere a base di mummie dell’Antico Egitto ridotte in frammenti per farne un pigmento marrone rossatro. O ancora, il giallo indiano, tanto apprezzato proprio nell’arte tradizionale dell’India, era in realtà un pigmento derivante dal piscio di vacche esclusivamente nutrite con foglie di mango. Da tanti secoli, gli uomini intrattengono una relazione particolare con gli animali e il colore. Il rosso carminio viene da un piccolo insetto, chiamato cocciniglia, che certi industriali utilizzano come colorante alimentare, nelle caramelle, le salsicce o anche i rossetti… Il porpora, invece, prima era estratto dai molluschi che venivano lasciati marinare in serbatoi nauseabondi… Beh, tutti questi aneddoti non sono indubbiamente i più poetici, ma sono stati per me i più sorprendenti. E fortunatamente, oggi molti dei colori sono realizzati grazie a dei pigmenti artificiali.
Le sfumature di cui hai raccontato la storia sono 133, quali criteri ha utilizzato per selezionare questi 133 protagonisti? Ho letto che ha avuto un direttore artistico di sei anni: come l’ha aiutata?
Se 133 tonalità sembravano a prima vista esaustive, in realtà non sono nulla di fronte alle diverse sfumature che popolano il nostro mondo. Le mie ricerche mi hanno condotto a repertarne più di 200, ma occorreva fare delle scelte, perché il formato del libro non poteva contarne che 133. La quadratura è stata dunque fatta in funzione dell’interesse di ciascun aneddoto, della sottigliezza della tonalità e della sua posizione nell’opera. La questione della rappresentazione non è entrata in gioco che una volta che l’ordine dei colori è stato determinato, ovvero quando i binari erano stati disposti. Per il testo come per le immagini, ci tenevo ad adottare un tono oggettivo, sintetico ed accessibile a tutti (malgrado certi soggetti alle volte siano molto complessi), ma sempre dotato di un certo calore, di un tocco di umorismo o di poesia. Questo si è tradotto in delle immagini semplici, misurate e delicate che offrono molto colore. Quanto al ruolo giocato da mio figlio di 6 anni, è stato molto divertente poter condividere con lui quotidianamente questo lungo lavoro di elaborazione. Ogni giorno, dopo la scuola, gli raccontavo un aneddoto che avevo scoperto e lui, in cambio, mi faceva un piccolo commento sulla correttezza del disegno in fase di realizzazione. Ho amato davvero tanto questi momenti di condivisione.
Ci sono, dunque, colori che hai scartato.
Sì, certamente. L’opera abbraccia un gran numero di campi, andando dalle scienze alla storia dei popoli, passando per il mondo vegetale, il regno animale, le tradizioni e la cultura popolare, eccetera (come troviamo d’altronde indicato nell’indice alla fine dell’opera). È stato per me molto importante fare risaltare questa diversità senza donare un predominio. Quando due tonalità erano troppo simili, o quando un dominio era troppo rappresentato, ho dovuto procedere all'eliminazione. L’elaborazione di quest’opera mi ha chiesto di imparare a destreggiarmi tra la mia soggettività e il mio animo pragmatico, al fine di poter offrire al grande pubblico tanto i colori più noti, quanto quelle sfumature dall’indirizzo più personale.
Questo punto una domanda è d’obbligo: qual è il colore a cui sei più affezionata.
È molto difficile sceglierne solo uno. Diciamo che la parola glauco (ceruleo intenso o tendente al verde, ndt) che associamo in maniera peggiorativa (quantomeno in francese) a un’emozione di disgusto (il significato è anche di lugubre; losco, ndt), designa in botanica questa tinta così sottile e difficile da descrivere tra il grigio, il verde e il blu. Si tratta di un colore caratteristico delle piante mediterranee. E si tratta in realtà di uno stratagemma elaborato dal mondo vegetale per proteggersi dai raggi del sole. Ricoperto di una sorta di crema solare, il fogliame prende allora una tinta azzurrognola che gli permette d’affrontare il forte calore. Sono cresciuta nel Sud della Francia e il colore delle foglie di lavanda, salvia, eucalipto immortale o carciofo mi hanno affascinato nel corso di tutta la mia infanzia.