In questi non riesco a non parlare di guerra: il dolore che scorre davanti agli occhi di tutti sembra non avere fine.

Oggi lo faccio con Il duello, opera prima di una giovane scrittrice portoghese Inês Viegas Oliveira, per i tipi di Clichy.

Questo libro ci offre uno sguardo molto lucido e partecipato sullo scatenarsi dell’odio che monta e occupa tutto l’orizzonte fino ad impedirci di vedere e poi racconta di come, a volte la fuga, sia onorevole anzi sia necessaria per poter guardare a quello che accade, lasciando che il resto del mondo, la realtà rioccupi quello spazio che l’odio cieco aveva nascosto.

Il libro è costruito minuziosamente su due livelli narrativi: un livello affidato alle parole che riportano idealmente una lettera e le immagini che ci raccontano un’altra storia, la storia di tutti i passi che hanno portato al comporsi di quella lettera.

«Spettabilissimo signor Rodin Rostov, ci siamo.»

La doppia pagina è bianca, vuota, cieca. Al centro un’unità difficile da interpretare: due metà, specchio l’uno dell’altra, un “uno” che nella pagina successiva si mostra come un “due”.

Due profili, cilindro ben calcato in testa, pistole tenute in alto, passi decisi che si allontano verso i margini opposti delle pagine… i due duellanti sono pronti a girarsi e a colpirsi. Intorno niente.

«I vostri affronti hanno ferito le mie orecchie, i miei timpani, il mio cuore, e posti ancora più profondi dentro di me, che non si trovano in nessun libro di anatomia»

Questa è l’origine: una ferita lacerante e profonda. Quello che scatena uno scontro è sempre un dolore profondissimo che arriva in posti profondi e reconditi dentro di sé. Lo sfregio è sempre qualcosa di personale, anche se le dinamiche in gioco sono complesse e possono travestirsi da economia, politica… quello che scatena uno scontro raggiunge il profondo dell’io e innesca un odio bianco, cieco, ottuso.

I duellanti in un climax illustrativo, ben ritmato, si allontanano sempre di più: i lettori attendono con trepidazione e paura il momento in cui si gireranno, si spareranno e noi vedremo uno dei due cadere.

MA.

Ma ad un certo punto notiamo che a voltarsi è stato solo uno dei due duellanti, l’altro, pistola alzata alla mano, è scomparso: il duellante di destra, non si è fermato ed ha continuato a camminare, ancora e ancora.

Stupefatti e attoniti iniziamo a seguire questo duellante che continua imperterrito ad avanzare, senza mai girarsi, pronto a colpire (ha la pistola sempre alzata), ma in fondo guadagnando ad ogni passo del tempo che lo allontana dal bisogno di farlo.

Piano piano attorno al protagonista riappare il mondo:

«Uno, due, tre, quattro, quanti passi ci separano?»

La figura attraversa sempre uguale a se stessa città, teatri, bande, strade, campagne, altre città, altri villaggi, foreste… il colore riempie la pagina, la vita rigogliosa abita ogni spazio grazie anche allo stile pittorico composito e ai collage.

«Forse penserà che sono fuggito, che mi è mancato il coraggio, ma dove potevo andare?»

È mentre seguiamo questo flusso di pensieri e mentre ci perdiamo tra montagne e prati che, ad un certo punto ci rendiamo conto che il nostro protagonista appare cambiato e, andando a ritroso, ci rendiamo conto che, pur mantenendo apparentemente lo stesso profilo, il nostro protagonista ha lasciato la pistola, gli stivali hanno lasciato posto a delle scarpe, il lungo pastrano nero militaresco è stato sostituito da una giacca…

«O forse penserà che mi sono perso, ma come potevo perdermi se non ho fatto altro che camminare diritto? Dove stavo andando? Cosa c’era davanti a me? Le ragioni delle mie intenzioni, caro Rostov, sono svanite strada facendo»

Il tempo, la distanza sono dimensioni di un’attesa che prendono il posto dell’impulsività. 

A volte, per vedere un quadro, abbiamo bisogno di fare molti passi indietro, di fermarci, così per guardare all’altro abbiamo bisogno di allontanarci, di accogliere guardare e comprendere il nostro dolore per trasformare l’umanissima reazione emotiva in un’esperienza. Accorgersi del proprio io, amarlo tutto fino a sentire persino una nuova fratellanza con quell’altro che eravamo pronti a uccidere.

«Amico mio, mio compagno, deponi le armi e vieni a trovarmi una volta. Vieni, caro Rostov, devi solo continuare ad andare dritto»

La linea di direzione ininterrotta che scorreva dal primo attimo, costante, da sinistra a destra si ferma guarda indietro: il protagonista si ferma e scrive, la giacca, il cappello, i pantaloni si perdono e dall’inconfondibile cilindro spicca il volo un uccello, una colomba che torna indietro.

Questo testo epistolare toccante e molto umano, supportato delle bellissime illustrazioni della Viegas Oliveira cantano in modo diretto e limpido che non si può pensare di annullare il proprio dolore annullando l’altro: il mondo è molto più vasto dell’odio e capire il senso della vita e invitare a parteciparvi anche l’altro è l’unica direzione che si può prendere.

Non un libro sulla pace, ma certamente sul primo passo che si può fare nella direzione che forse non ci aspetteremmo.

P.S. qui trovate un bel racconto del traduttore.

P.P.S. mi sono domanda se il nome Rostov faccia riferimento ad un famosissimo combattente russo, Georgy Semyonovich Rodin, combattente per tutta la vita.

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Il duello Inés Viegas Oliveira - Matteo Francini (traduttore) 64 pagine Anno 2023 Prezzo 25,00€ ISBN 9791255510116 Editore Clichy
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