In un periodo dell’anno affollatissimo di novità, che corrisponde alle settimane immediatamente precedenti e successive alla Bologna Children’s Book fair, mi sono trovata a riflettere e a studiare su uno dei più importanti libri illustrati della storia, un libro che ha segnato un passo significativo nella conformazione dell’idea di infanzia e di albo illustrato: sto parlando di Pierino Porcospino di Heinrich Hoffmann.

Tornare alle origini e soffermarsi a riflettere su quali siano le caratteristiche e le scelte che hanno contribuito alla nascita di un classico credo che sia quanto mai fondamentale, per avere uno sguardo consapevole sulla letteratura contemporanea. Cosa serve per fare un buon libro? Basta saper creare belle immagini o scrivere un buon testo?

Credo che questa storia permetta a chiunque (autori, illustratori, critici e formatori) di riflettere a fondo e di provare a rispondere.

Pierino Porcospino nasce nel Natale del 1844 a firma del medico psichiatra Heinrich Hoffmann che disegna e scrive personalmente un raccolta di sei storielline in rima per regalarle al figlio Carl. Il libro incuriosisce anche gli adulti, in particolare un editore amico dell’autore che gli chiede il permesso di pubblicarlo: il libro esce esattamente l’anno dopo, per il Natale del 1845, in forma anonima e con il titolo Storie allegre e disegni buffi per i bambini dai 3 ai 6 anni. È un successo: le 1.500 copie stampate vengono esaurite in poco più di un mese, da allora questo libro non smetterà più di essere ristampato e raggiungerà i confini del mondo, vantando traduzioni anche in esperanto e latino.

La storia editoriale arriva a una sua definitezza nel 1847, quando il corpus delle storielle in rima si completa arrivando a 10, Hoffmann appare per la prima volta come autore della raccolta e in copertina troneggia Pierino Porcospino il protagonista defilato di una delle storielle, ma che su tutti gli altri personaggi ha raccolto il maggior favore del pubblico.

All’interno di una cornice testuale legata ad una filastrocca dedicata al Natale che introduce come ai più bravi bambini arrivino i doni più desiderati («quando i bambini sono ammodo… quando bevon tutto il brodo…») seguono dieci storie in rima al cui centro vi sono dei bambini che inaspettatamente fanno accadere sotto gli occhi dei lettori tutte quelle cose universalmente vietate da ogni adulto coscienzioso. Non sto parlando di guai o accidenti che inavvertitamente possono accadere ai bambini, ma scelte consapevoli di violazione delle regole che accadono come in un teatrino di fronte agli occhi dei lettori: c’è la bambina che gioca con i fiammiferi bruciando viva, il bambino che frusta il cane finendo a letto con un gran morso alla gamba, ci sono i monelli che prendono in giro il bambino dalla pelle scura finendo nella botte dell’inchiostro, c’è Corrado che si ciuccia i pollici a cui vengono prontamente tagliati dal sarto con il suo forbicione, c’è il bambino che decide di andare a giocare col suo ombrello sotto il temporale e che viene portato via dal vento... e naturalmente c’è Pierino Porcospino che, in barba ad ogni indicazione igienica e di buongusto, decide di non tagliarsi le unghie e di lasciarsi crescere i capelli.

«Quel bambino com’è brutto

con le unghie nere a lutto, 

col gilè tutto consunto, 

con le macchie di bisunto!

Per un anno - che vi pare? - 

l’unghie non si fe’ tagliare 

e nemmeno - vi par bello? 

- si lasciò tagliar capello.

Perciò esclama ogni bambino:

“Com'è brutto quel Pierino!”»

Richter sintetizza così la forza di questo libro: «La cifra di questo libro è sicuramente riassumibile in queste parole: Hofmann dimostra una capacità di lettura dell’universo infantile davvero profonda che deriva da un’osservazione non sentimentale dell’infanzia»

Sono moltissime le cose che si possono dire su questo libro, io cercherò di enuclearne per punti alcune che ritengo fondamentali invitandovi, primariamente, a non privarvi della lettura di questo testo che nel suo equilibrio tra immagini e parole e nel suo legarsi e slegarsi dalla tradizione precedente mostra l’accadere inaspettato di un racconto eterno, capace di ammaliare i bambini oggi come allora.

  1. Uno degli aspetti di novità assoluta di questo libro è la forma che assume e che pesca direttamente non tanto dalla tradizione di libri illustrati per facoltosi,  quanto dal linguaggio dei fogli popolari che circolavano largamente tra le mani delle persone più umili. Il linguaggio sceglie la forma della narrazione simultanea che ricorda gli ex-voto che raccontavano l’accadere di diverse azioni nello spazio ristretto di un foglio o di un quadro o in forma di sequenza di vignette, come accadeva nei cicli di affreschi dedicati alle vite dei santi e poi nelle strisce di fumetti. Questa caratterizzazione ci dice di una chiara identificazione del destinatario: i bambini e il popolo.
  2. Hoffmann ha una coscienza limpidissima del legame con la fiaba: aleggia il perturbante in queste pagine e l’autore costruisce e cita con sapienza figure archetipiche che mostrano quell’ambivalenza tra bene e male, tra accettato e inaccettabile (da notare, ad esempio, la citazione ne La storia del moretto di San Nicola, spauracchio per i bambini cattivi e generoso elargitore i regali per i bambini buoni). Ma c’è anche uno scarto fondamentale con la narrazione fiabesca, perché in questa pagine accade quello che nessuno si sarebbe aspettato: Pierino Porcospino mette in scena ciò che è proibito, ciò che è vietato e quindi inconcepibile. Questa scelta scatena, nei piccoli lettor,i quel fascino sottile del perturbante, della trasgressione e della ribellione, uniti alla sadica consapevolezza dell’imminente disgrazia e della punizione. È un libro che fa intuire come nella letteratura possano accadere cose impensabili.
  3. E se anche il legame con le “storie di disgrazie infantili”, genere di impianto moralistico ben conosciuto all’epoca, è evidente, tuttavia in queste pagine la tragicità del castigo è di molto attenuata: l’assenza di morali e un tono illustrativo innervato di umorismo, lascia un’impressione di ambiguità che regala queste pagine un fascino ineguagliabile. In queste storie accade ciò che è interdetto ai bambini, ma sottilmente suggerisce, sfruttando la doppia destinazione dell’albo (al bambino destinatario e all’adulto lettore e intermediario) una critica feroce all’educazione cieca dell’adulto che spesso vieta comportamenti che i bambini reputano accettabili e leciti. Sono stati davvero puniti questi bambini monelli? Davvero siamo di fronte a storielle moraleggianti? Io credo proprio di no!
  4. Il livello illustrativo è sorprendente nel suo relazionarsi a una storia iconografica approfondita che suggerisce sommessamente messaggi che smentiscono ogni impressione di superficialità per rivelare una profondità simbolica ricca di significati. Pierino Porcospino, ad esempio, è su un piedistallo e si erge come fosse un monumento; sotto i suoi piedi, come nelle iconografie dei martiri, vengono riportati gli strumenti del suo martirio che in questo caso sono un paio di forbici e il pettine; i capelli si irradiano irriverenti come raggi o liane di una foresta primordiale e intricata. Anche solo questa rappresentazione non può non farci interrogare sull’atteggiamento dell’autore nei confronti dell’infanzia: Pierino Porcospino è criticato o esaltato? A farci caso, Pierino non viene neanche punito per il suo rifiuto ad adeguarsi alle regole della convivenza e dell’igiene comune…
  5. L’infanzia è dunque narrata con una profondità e una libertà nuove e assai moderne. L’infanzia è il luogo dove possono accadere cose strabilianti come prendere il volo trascinati da un temporale (e pensate quante citazioni di Roberto che vola puntellano la letteratura, da Mary Poppins), ci si può rifiutare categoricamente di mangiare la minestra (pensate a Prosciutto e uova verdi), ma è anche il luogo in cui le regole formali non vigono, come se i bambini davvero abitassero in una genuinità primitiva, teorizzata nel periodo vittoriano, forse sconveniente ma altrettanto affascinante.

«“Niente ciccia, niente pane,la minestra no no no, niente burro né salame, la minestra non la vo’”»

  1. Infine non si può non rimanere strabiliati da come un testo del 1844 mostri solidamente tutti i principi base della struttura dell’albo illustrato. I lettori sono di fronte ad testo che dialoga in modo originale con le immagini, invitando il lettore a soffermarvisi, a muoversi nello spazio della pagina con indipendenza:

    «Ma Paolinetta fa finta di nientesprizza la fiamma, scoppietta sicura, brucia il fiammifero chiaro e splendentecome si vede anche nella figura»

Per la prima volta i due codici, quello illustrativo e quello narrativo, seguono due fili narrativi autonomi senza che uno soverchi l’altro.

Una pietra miliare della storia dell’albo illustrato, conoscenza imprescindibile per chi voglia occuparsi di letteratura per l’infanzia.

P.S. le citazioni sono da me tratte dalla traduzione di Sergio Stocchi dal volume Il porcospino ragionato, edizione Longanesi.

P.P.S. per approfondire la conoscenza di questo libro, imprescindibile è il volume di Martino Negri, Pierino Porcospino, Franco Angeli

Pierino Porcospino Heinrich Hoffmann - Gaetano Negri (traduzione) 56 pagine Prezzo 16,90€ ISBN 9788820305659 Editore Hoepli
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