La giornata mondiale degli alberi, (21 novembre) celebrerà questi silenziosi custodi dell'aria che con il loro ininterrotto lavoro permettono la vita sulla Terra. Noi oggi li festeggiamo attraverso due libri che in modo diverso ma simile colgono l’essenza di quello che gli alberi rappresentano.
Il primo albero di cui parliamo oggi è L’albero azzurro di Amin Hassanzadeh Sharif. L’artista iraniano, in un’opera dai toni cupi e dall’iconografia inusuale, ci narra la storia di un’ostinato albero che non rivendica per sé nessun altro diritto, se non quello di esistere. È un «gigantesco albero azzurro al centro di una città», un albero spettatore muto della storia delle persone, grembo accogliente per la vita, sostegno consistente degli amori, delle passioni, delle tristezze e delle povertà degli uomini. «Solo uno lo odiava: il re. Perché capiva che la fama e la bellezza dell’albero erano maggiori di quelle del palazzo reale». Accade spesso così agli uomini-tiranni, agli uomini ciechi che pensano di bastare a loro stessi, di iniziare e finire l’universo solo grazie a loro stessi: accadde così più di 2000 anni fa quando fu un bambino a destare le ire del despota invidioso, lo è oggi un albero azzurro o una libertà tanto agognata quanto incomprensibile. «Così ogni anno ordinava ai suoi soldati di alzare le mura di cinta e di tagliare tutti i rami dell’albero che si avvicinavano troppo al palazzo. Ma ce n’era sempre qualcuno che riusciva a valicare le mura», fino a che un giorno un ramo invadente costrinse il re ad «inchinarsi all’albero» per passare in una strada. L’umiltà che attribuisce autorevolezza non è un attributo dei tiranni e l’affermazione del proprio nulla diventa imperativo universale: «il re, furioso, ordinò ai suoi soldati di abbattere l’albero». La gente si oppose ma nulla servì. La vendetta sterile sostituì la vita dell’albero con una statua di pietra. La vita, però come la verità, può piegarsi, può piangere, perfin morire, ma risorgerà. Così «i rami tagliati rimasti nelle case pian piano crebbero e ciascuno divenne a sua volta un albero azzurro. Oggi l’intera città è una bellissima foresta».
Vorrei descrivere questa storia come un atto di coraggiosa ribellione, o di lotta per la libertà, ma non è questo il punto: non siamo di fronte alla rivendicazione di un diritto, ma al riconoscimento della condizione esistenziale della vita, esserci. In questi giorni durante i quali tutto trema e la morte pervade l’aria tronfia della sua apparente vittoria, il compito di ciascuno è preservare il ramo azzurro della speranza e permettergli di crescere, perché il male sarà pur violento, ma il bene non smette mai di crescere. L’azzurro dell’albero, la trama intricata e vasta dei rami sferza i toni scuri del nero e gli ocra sporchi degli spazi, i graffi della tecnica dello scratch segnano come ferite le figure, i muri, le strade lasciandoli sofferenti, solo l’albero è liscio e fluido, memore forse della capacità dantesca di piegarsi senza spezzarsi. Gli scorci dall’alto, le figure quasi robotiche e replicate dei soldati, l’assenza sostanziale del tiranno che si scorge solo una volta con il volto scheletrico di morte, rappresentano visivamente il clima opprimente.
È questo un libro dal tono triste, seppur intriso di speranza, non è un libro che si legge tutti giorni, ma è uno di quei libri perfetti per spiegare chiaramente il male, l’umanità e la speranza.
Anche il secondo libro di cui vi parlo ha come protagonista un albero ed anche quest'albero è un guerriero: è Il Guerriero di Legno di Lorenza Farina e Manuela Simoncelli. Quest’albero è un combattente, eppure «non aveva mai fatto la guerra in tutta la sua vita», aveva sempre fatto il cantastorie. La sua fronda verde e brillante era un intrico di storie, personaggi, spazi, luoghi… Era un albero molto amato, perché donava come solo gli alberi sanno fare, donava generosamente tutte le sue storie senza chiedere niente in cambio: «intrecciando parole corte e lunghe, parole pepate e dolci, tristi e allegre, in un battibaleno intesseva una trama che lasciava tutti a bocca aperta». Era «l’albero cantastorie che non sapeva mai dire di no» e per ognuno aveva la storia giusta, ovvero la parola di cui ognuno aveva bisogno. Un inverno però di venti freddi e raffiche taglienti il vecchio Guerriero perse in una folata anche la sua memoria e la sua voce: «Il Guerriero di Legno, sopravvissuto a tante tempeste, ora si sentiva solo coma una pianta senza radici, avvolto in un tenebroso silenzio che lo scuoteva fin nel profondo». È una guerra diversa questa, è la guerra della vita, contro il dolore, la malattia e lo sconforto. San Paolo scriveva «La tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata, la speranza»: quella di questo guerriero è una guerra silenziosa, come quella che combatte l’albero azzurro, il percorso è lo stesso. Anche in questa storia l’albero vive un’abbandono totale: come l'albero azzurro si era lasciato pazientemente tagliare, il guerriero si lascia quasi seccare e questo permette che intorno fiorisca la vita. Sono gli alberi giovani accanto a quel guscio silenzioso a fiorire, ad iniziare a vivere: «Il suo volto rugoso sembrava di pietra, lo sguardo perso nel vuoto, ma il suo cuore di guerriero continuava a battere al ritmo cantilenante di quelle parole e di quelle storie che avrebbero continuato a vivere per sempre e dove lui aveva lasciato una parte si sé». Manuela Simoncelli cerca di ricreare l’ambiente onirico e immaginifico e alcune tavole risultano ben riuscite (l’intrico dei rami, le lacrime, le foglie nell’inverno gli occhi dei giovani), altre sono un po’ più pesantemente descrittive. Nel complesso però il racconto ha una personalità propria e dà voce ad una battaglia che spesso non trova spazio nella considerazione comune, quella di tanti uomini affetti da malattie dure.
Un altro libro triste, secondo Saverio, eppure intriso di speranza e pace.
Una coppia di libri per sperare contro ogni speranza.
P.S. entrambi i libri vantano riconoscimenti: Il Guerriero di Legno ha vinto il Concorso Letterario Nazionale di Mezzane. L'albero azzurro la Golden Pen alla Biennale Internazionale di Belgrado.
Sì credo che tu possa capire esattamente. Un abbraccio forte!
Maria, bellissimo pensiero!
Due libri che sono nel MIO scaffale.
Oggi ho ricevuto un libro nuovo e ho pensato…. ci sono un sacco di cose belle, di libri belli, di bellezza. Coltiviamo quella nei nostri figli per “sperare contro ogni speranza”
Bacio!
Grazie Mary.
Bellissima recensione. Mi ha toccato il cuore.