Chi ha paura della luce? La risposta a questa domanda è meno scontata di quanto si possa immaginare! Se gli uomini, fin dagli albori dei tempi, hanno associato al buio le paure più ataviche e alla luce la possibilità di vivere, questo non trova un esatto parallelismo nel mondo animale che, forse proprio per la presenza umana, sceglie volentieri l’oscurità per vivere. L’argomento è esplorato da due libri che raccontano sia l’adattamento di alcuni animali che hanno scelto di vivere completamente al buio sia gli effetti – spesso deleteri – che la luce umana ha sulle creature che abitano sotto la coltre notturna.
Lumen. Chi ha nascosto le stelle? è il terzo libro del team Cocai che dopo le api selvatiche e la vitalità intorno ad un tronco morto, ancora una volta stupisce i lettori per l’originalità della scelta dell’argomento: come le fonti di luce possono disturbare il comportamento degli animali?
È comune associare alla parola inquinamento solo ciò che riguarda la contaminazione dell’aria o dell’acqua, mentre è difficile associare alla luce – che per noi umani ha sempre una valenza estremamente positiva – un qualsiasi attributo negativo. Invece con lo sviluppo della rivoluzione industriale e la diffusione sempre più capillare dell’illuminazione artificiale che permette il movimento, la vita e il lavoro anche durante la notte, il primordiale equilibrio dell’alternanza tra il buio e la luce si è incrinato.
In una serie di capitoli dedicati a diverse specie animali gli autori raccontano l’impatto che le luci artificiali hanno su uccelli, insetti, alberi, mammiferi… sottolineando come da una parte molte creature si siano adattate e abbiano sfruttato questa nuova possibilità (ad esempio per intercettare facilmente le prede), ma come dall’altra i ritmi biologici di molte creature siano stati completamente rivoluzionati.
L’impatto sugli uccelli migratori, ad esempio, è significativo: nel volo notturno molti vengono confusi dalle luci e, deviando dalla rotta normale, rischiano di stancarsi troppo e di morire prima di raggiungere la meta.
Gli insetti, che vediamo spesso impazzire intorno ai lampioni, perdono l’orientamento e non riescono ad allontanarsi dalla fonte luminosa.
Gli alberi, illuminati costantemente dai lampioni cittadini, tendono a non diminuire mai la produzione di clorofilla anticipando la fioritura e a volte rischiando di non trovare i propri impollinatori. Tutte queste modifiche, a volte impercettibili, a cascata determinano un impoverimento della fauna e della flora.
Non mancano poi i riferimenti alle “luci mortali” come i fari delle automobili che ipnotizzano i mammiferi o i fuochi d’artificio che possono spaventare a morte animali di tutte le specie. Il testo si chiude sul guadagno che potremmo avere, diminuendo un poco il nostro impatto luminoso sul mondo: guadagneremmo la vista del cielo stellato che, soprattutto nelle zone metropolitane, è sempre più un miraggio.
Come testi precedenti, il libro è organizzato in modo chiaro con sezioni di impostazione tradizionale che approfondiscono alcuni esempi specifici, grazie ad illustrazioni e box testuali esplicativi. Un volume per ragazzi dai 6-7 anni in su.
Il secondo libro Chi ha paura della luce? di Anna McGregor si pone invece come un testo di divulgazione per lettori più piccoli e mixa una narrazione brillante con un piccolo contributo scientifico, in appendice, dedicato alle creature degli abissi. Il libro si presenta immediatamente come un dialogo improntato al divertimento:
«Eccoci arrivati nelle più remote profondità dell’oceano, dove la luce non può penetrare. Ma non fatevi ingannare dal buio pesto: qui è pieno di vita. “Ciao, io sono Fergus” Ehi, ciao! Che emozione incontrare una vera creatura degli abissi»
Le pagine guidano i lettori dentro il buio perenne degli abissi e lo fanno concretamente, accogliendoli in pagine completamente nere su cui spicca esclusivamente il testo bianco della voce narrante che dialoga con una creatura che parla attraverso un fumetto color arcobaleno (Fergus).
«Ma dimmi una cosa, Fergus, tu non hai paura del buio? “Proprio no! Il buio è bello. Il buio è sicuro. I veri mostri si nascondono nella luce. Li ho visti con i miei occhi”»
Questo ribaltamento luce/buio paura/serenità coinvolge immediatamente i bambini, incuriositi da Fergus di cui scorgiamo gli occhi, qualche pinna, ma poco altro, e dalla situazione completamente opposta alla normale percezione infantile. Anche perché poco dopo arriva una luce.
«Oh, guardate! Una luce intensa sta venendo da questa parte. È la nostra occasione per vederti. “Non se ne parla! Me ne vado”»
Si instaura, a questo punto, un ritmo narrativo ripetuto: arriva una luce, appare una creatura oceanica e poi torna Fergus, che all’apparenza era fuggito, spaventato dalla bioluminescenza delle diverse creature.
La voce del libro nomina i diversi avventori: «è una femmina di diavolo nero degli abissi. Che spettacolo! […] Wow! Che meraviglia, un Macropinna microstoma! I suoi occhi ruotano nella testa trasparente […] Santo cielo, due calamari vampiro! […]».
Questa ripetizione crea molta attesa in un crescendo ben scandito che raggiunge l’apice nel colpo di scena che chiude il libro, ribaltando ancora una volta le certezze del lettore:
«il nostro tempo insieme è quasi esaurito e ancora non sappiamo che tipo di creatura sei tu. Aspetta un attimo… che testa che ho… Adesso che ci penso… ho con me una fotocamera con il flash. 3…2…1… di’ “cheese”!»
Fergus si rivela così, nella pagina finale, come un’anguilla pellicano che si è pappata tutti gl altri protagonisti della storia!! Altro che scappare!
La doppia pagina che segue, approfondisce alcuni dettagli della vita abissale in modo semplice e sintetico.
Il libro è molto coinvolgente e mostra come fare divulgazione con i piccoli (dai 3 anni) sia soprattutto una questione di meraviglia e di stupore. I dialoghi ben strutturati, le immagini fedeli e chiare e anche l’uso di inchiostri particolari (la copertina si illumina al buio!) ne fanno un libro godibile e divertente su un tema non scontato.