«Cerca il Buon Tempo» sembra quasi un imperativo vitale per una bambina che ricorda solo di essere fuggita, superstite e orfana dalla Grande Pioggia. In un scenario che potrebbe essere apocalittico o incantato, antico o contemporaneo Giulia Cocchella ne Il viaggio di Mirya intreccia una storia piena di mistero e di spazi immensi ricchi di mistero e fascino. Mirya è una bambina e noi l’accompagnano nella paura di una fuga da qualcosa di spaventoso verso una meta ignota. Al polso, unico indizio della sua vita precedente, un barometro che oltre a predire il tempo, sembra raccontare il clima emotivo che andrà a crearsi.
«A volte capita che ai bambini tocchino in sorte avventure pericolose, senza che abbiano fatto nulla per procurarsele».
E così Mirya si addentra in un bosco incantato nel quale incontra un albero, un bambino reso albero - raccontano - da una terribile strega che abita sull’isola di Lanhelin, la meta che Mirya ricorda vagamente di dover raggiungere: la Grande Pioggia ha cancellato gran parte dei suoi ricordi, ma questo no. Nel frattempo sull’isola circondata da una marea che abbraccia e poi scompare le spiagge e le falesie, una donna si prende cura della locanda, intuendo e cucinando i piatti di cui ogni ospite ha bisogno: una strega? Chissà. Madame Blanche è il suo nome. La storia tesse le vite di questa bambina che vede negli occhi delle persone tempeste o cieli spazzati dal vento, di Madame Blanche, una strega-madre tutt’altro che spaventosa e di una compagnia di ragazzi che conosce il linguaggio delle piante e delle rocce. Il cuore della storia nasce da una maledizione, scaturita un po’ per caso, perché le parole hanno un peso e una statura che non si può ignorare.
Giulia Cocchella scrive una bella storia, ricama sapientemente, punto per punto, una compagnia di personaggi originali e interessanti e un mondo incantato senza tempo, ma profondamente realistico e naturale: un’isola spazzata dal vento oceanico, con falesie impervie e magiche che celano sentieri nascosti che cambiano una volta che sono nominati («il sentiero cambia per non farsi trovare»).
Tutto avviene con naturalezza, senza alcuna pomposa o complessa architettura narrativa: tanti sono dettagli non spiegati in modo esaustivo e questo dà al lettore l’impressione di una vastità quasi ineffabile.
«quando qualcosa d’importante ha inizio, quando si verifica un cambiamento tale che niente sarà più come prima, accade di non accorgersi di nulla sul momento»
Finalmente, poi, una lingua che non teme l’ipotassi, le similitudini, le metafore, le prolessi e le analessi: una lingua non complicata, ma ricca.
Questa bambina che si abbandona al buon cuore di chi l’accoglie sull’isola di Lanhelin riuscirà insieme a una compagnia di bambini come lei a curare una maledizione di parole, grazie alle parole che la natura stessa con la sua potenza offre loro. Un gruppo di bambini che si aiuta, che chiede aiuto e che insieme non ha paura di affrontare le sfide e un mondo di adulti che conosce il peso e il dramma delle situazioni ineluttabili, ma che comunque con consapevolezza è capace di ricordare e di perdonare, di accogliere e di prendersi cura.
Tra lumache gigantesche, gabbiani chiacchierini, bambine curiose, arcobaleni a 360°, capitani scomparsi tra le onde, fari magici, porte di pietra incantate, soufflé esplosivi e cioccolate calde che spuntano sulla spiaggia, il bambino albero tornerà in vita? Cercate il Buon Tempo, il resto verrà da sé.
«Bisogna stare molto attenti a come si parla, soprattutto ai bambini, perché sono creature in via di cambiamento»
Un’estiva intensa storia, da leggere dai 9 anni.