Molte sono le scritture lunghe e articolate di Gianni Rodari, veri e propri romanzi per ragazzi. Uno di questi, reso celebre da una trasposizione cinematografica, è La freccia azzurra, una storia invernale quasi natalizia che racconta le peripezie di un gruppo di giocattoli in fuga dalla Befana. Sì sì, avete letto bene, perché la Befana in questo romanzo non si mostra - almeno inizialmente - come l’adorabile vecchietta generosa e dispensatrice di gioia e giocattoli che siamo abituati ad immaginare, tutt’altro. Questa Befana deve piegarsi a supposte logiche moderne e nel suo giro notturno, il 6 di gennaio, trovano posto solo i bambini i cui genitori hanno potuto comprare un giocattolo.
Francesco, bambino che più povero non si può, è destinato quindi a non ricevere niente, anche se il suo sogno sarebbe quello di poter giocare con la sfavillante Freccia azzurra, un trenino completo di ogni accessorio, che troneggia nella vetrina del negozio della Befana.
Di fronte alle logiche del mondo (adulte), la rivoluzione avviene dal basso: sono infatti i giocattoli stessi, piccoli e destinati ai piccoli, a rompere questa situazione e destinandosi in una sorta di rivendicata autodeterminazione a tutta una serie di bambini poveri e dimenticati.
La narrazione è ricca di colpi di scena e di personaggi indimenticabili: dal capo dei Pellerossa Penna d’Argento, al capostazione, dal Capitano Mezzabarba, agli omini del meccano, dall'orso giallo lento ma dal gran cuore a Spicciola un cane di pezza dal fiuto sopraffino.
Rodari tratteggia brevemente il carattere e il piglio di ciascun giocattolo in modo così vivido che ci si affeziona dopo poche pagine. Tra neve, voli su scope fatate, statue che parlano, pupazzi che diventano vivi (novelli Pinocchi!), rapine e rapimenti, marionette che riescono a soffrire quando viene loro finalmente disegnato un cuore, incidenti ferroviari evitati per un soffio e canarini aggressivi capaci di far scappare gatti furtivi, il divertimento è assicurato (dai 7 anni).
Quello della Freccia Azzura e della compagnia di giocattoli è un viaggio di protesta, una fuga verso le braccia di bambini, rappresentati come meritevoli e molto sfortunati oltre che provati da una vita dura.
Ogni bambino è portatore di piccole storie di eroismo quotidiano che l’incontro con i giocattoli celebra senza ombra e, alla fine, anche la triste storia di Francesco troverà un compimento felice, nonostante gli accanimenti della sorte.
Il romanzo possiede tutto il fascino magico del mondo dei giocattoli e la verve del romanzo di avventura, a cui si aggiunge un tema assai caro alla scrittura per ragazzi primonovecentesca e che torna in Rodari in modi e tempi diversi, ma sempre con la medesima durezza e chiarezza: la povertà. Descritta come sede della genuinità e celebrata indirettamente come umanità vera e di valore, la povertà prende la sua rivincita nella ribellione dei più piccoli che la premiano e la riscattano.
C’è una vecchietta trovata morta assiderata nell’antro di un portone, c’è un bambino che dorme in una cantina, quello che è sveglio perché non ha mangiato per tutto il giorno e non riesce a dormire con la pancia vuota, quelli lasciati in casa da soli dai genitori impegnati in estenuanti turni di lavoro notturni.
Quando si affronta la lettura de La Freccia azzurra si deve essere coscienti di questo, perché Rodari non indora la pillola nel parlarci di questi bambini sfortunati, anzi la schiettezza e la naturalezza con cui ne parla sembrano quasi stridere con la magia dei giocattoli che ce la raccontano.
Il tema ha una sua modernità, oggi più che mai: voi cosa ne pensate?
Rodari scrisse anche questa filastrocca sul tema che mi sembra molto chiara, recentemente uscita in una bellissima edizione illustrata da Gaia Stella:
«La mia bambina ha una bambola,
e la sua bambola ha tutto:
il letto, la carrozzina,
i mobili da cucina,
e chicchere, e posate, e scodelle,
e un armadio con i vestiti
sulle stampelle, in folla,
e un’automobile a molla
con la quale
passeggia per il corridoio
quando le scarpe le fanno male.
La mia bambina ha una bambola,
e la sua bambola ha tutto,
perfino altre bamboline
più piccoline,
anche loro con le loro scodelline,
chiccherine, posatine eccetera.
E questa è una storiella divertente
ma solo un poco, perché
ci sono bambole che hanno tutto
e bambini che non hanno niente»