La Grammatica della fantasia è il manifesto teorico forse più importante e interessante di Gianni Rodari: una serie di scritti, nata come quaderno di appunti, poi diventata un intervento strutturato e infine confluita in un volume, ormai imprescindibile tappa nella conoscenza di questo autore. Un manuale di scrittura creativa? Un pamphlet sull’arte di scrivere storie per i ragazzi? La Grammatica della fantasia è uno scrigno prezioso che raccoglie (e restituisce) molti pensieri, spunti e riflessioni... talmente tanti che è difficile definirlo in poche parole: non è certamente un manuale teorico, ma piuttosto la documentazione puntuale di spunti e lavori sul campo e con i bambini.
Nella stessa mente di Rodari l’idea di questo scritto si è fatta strada nei labirinti delle certezze e delle impressioni, fra gli incontri e le letture che, seminate con leggerezza, sono germogliate lentamente, intuizioni che si sono mostrate per la vera portata che avevano, solo nel tempo.
La scintilla che dà vita alla narrazione è una riflessione sulla parola e sulla sua centralità nel processo creativo, ma a partire da una dissertazione che potrebbe apparire teorica quella che si dipana è una collezione assai reale di esperienze dirette, testimonianze, scritti, lavori fatti in classe o in occasioni pubbliche. Scritti e storie di bambini, estratti e brani di romanzieri, studiosi e autori…
Al centro la parola e l’atto creativo, che rivendica la possibilità di mutare, modificare inventare, manipolare la parola stessa. Perché la parola? Perché il linguaggio è alla base dello sviluppo dei processi mentali fin dalla nascita e perché la parola sa essere democratica, priva di pregiudizi.
Scrivere storie per Rodari è un atto di libertà spensierata, il suo è approccio ludico che trasforma ciò che c’è di scientifico (letture, studi etc.) in un fare, in una prassi comprensibile e semplice anche per i bambini (avete in mente il gioco “chi come cosa”, che si faceva scrivendo sul pazzo di carta ripiegandolo e passandolo al compagno?!).
Nessun vincolo, nessun limite alla scrittura, anche quando è intrisa di non-sense (limerick) o, al contrario, di filtri moralistici introiettati: tutte le storie meritano di essere raccontate, se qualcuno le vuole narrare, perfino quelle che parlano di funzioni corporali, o quelle zeppe parolacce!
«Con i bambini, nel loro interesse, bisognerebbe stare attenti a non limitare le possibilità dell’assurdo»
Libertà creativa non significa però ridurre la scrittura e l’immaginazione ad una reazione spontanea superficiale: per scrivere bisogna esercitare il pensiero e dotarsi di strumenti, strumenti - come le carte di Propp - proposti con cognizione e fatti propri grazie alla prassi e alla personalizzazione.
«Perché usare proprio le “carte di Propp” e non altre carte di fantasia, o gruppi di immagini prese a caso, o una serie di parole dal vocabolario? mi sembra evidente: ogni “carta di Propp” non rappresenta solo se stessa, ma un intero spaccato del mondo fiabesco, un brulicare di echi fantastici, per bambini che abbiano avuto una qualche dimestichezza con le fiabe, il loro linguaggio, i loro temi»
Da questa considerazione appare evidente come la scrittura sia in stretta correlazione con la lettura: chi legge saprà scrivere ed è per questo che i bambini sono scrittori potenzialmente provetti! La prassi creativa infatti pone al centro la capacità del bambino di trasfigurare il mondo, di innervarlo di pensieri, di sbagliare, di ridere senza sentire su di sé il peso del giudizio.
Non mancano accenni approfonditi e ben documentati alle fonti e alle letture che più colpirono l’autore, fonti citate non solo come dati, ma come riflessione e studio: che importanza hanno le fiabe popolari nell’immaginario? Che differenza c’è tra l’approccio dei fratelli Grimm e di Andersen? Rodari non improvvisa, ma rende personali le riletture e gli studi, mostrando chiaramente il suo pensiero sulla letteratura per l’infanzia, contemporanea e classica.
Rodari incoraggia uno scollamento dal filone edificante e schiettamente istruttivo che imperava ai suoi tempi (solo allora?!) e propone la struttura fiabesca come la più consona alle orecchie dei bambini: storie scevre di ipocrisia, molto più vere di tante storie rassicuranti!
«La struttura della fiaba non soltanto ricalca quella dei riti di iniziazione, ma anche in qualche modo si ripete nella struttura dell’esperienza infantile, che è un seguito di missioni e duelli, di prove difficili e di delusioni, secondo certi passaggi inevitabili».
In questa considerazione si rende manifesto come l’immaginazione per Rodari attinga direttamente dall’esperienza reale e quotidiana del bambino, innervandola di importanza e straordinarietà.
«La fantasia gioca tra reale e immaginario, in un’altalena che ritengo istruttiva, anzi, addirittura indispensabile per impadronirsi fino in fondo del reale, rimodellandolo».
In questo senso la scrittura e l’invenzione di storie diventano drammatizzazione, perché il bambino abita i luoghi e vive gli oggetti e gli spazi che convergono nella narrazione.
Un libro “teorico” che ritengo imprescindibile per imparare a leggere e a comprendere i libri che proponiamo ai bambini, uno scritto esaltante e provocante per la naturalezza con cui Rodari riesce a mettere al centro delle storie il bisogno che i bambini hanno (ma che abbiamo tutti) di ascoltare delle storie e immaginare.
Ti capisco! E ad ogni rilettura si scopre qualcosa di nuovo!
Lo sto leggendo, proprio in questi giorni ed è difficile spiegare quanto sia emozionante!