Raccontare un’impresa a giochi fatti è certamente interessante, ma farlo, accompagnando i protagonisti attraverso tutto lo scorrere centellinato del tempo che al compimento dell’impresa conduce, porta con sé una fibrillazione, un’esaltazione, un sentimento di sospensione che difficilmente si riesce a rendere vividamente a posteriori.
Aggiungeteci che alla partenza la persona incaricata della cronaca non è per niente interessata all’argomento e riguardatela alla fine: la passione che ha contagiato l’autore, non potrà non toccare la sensibilità dei lettori che si trovino a condividere questa avventura, pagina dopo pagina.
Stiamo parlando di un fumetto sul basket e in particolare sulla storia di una squadra di basket giovanile americana: un libro di nicchia penserete, eppure per le premesse di cui vi ho appena parlato, Dragon Hoops ha un piglio ispirante tutt’altro che di nicchia.
Gene Luen Yang, fumettista di fama internazionale, grande appassionato di storie di supereroi e nerd per costituzione, incappa, neanche poi così lontano, in un gruppo di ragazzi che per lo sport e il basket vivono e si appassiona alla loro storia, proprio mentre sta accadendo.
L’autore infatti, docente in una scuola californiana, la Bishop O’Dowd High School, si accorge che proprio mentre lui è alla ricerca di una nuova storia per un suo fumetto, la sua scuola è in fibrillazione per un evento che pare epocale:
«“Oh, non vedo l’ora che la stagione di basket cominci!” “Nel campus non si parlerà d’altro quest’anno! Che storia!”».
È il 2014 e la storia ha inizio: la squadra della scuola mira a raggiungere (e vincere) il California State Championship.
L’espediente narrativo che imposta la narrazione in prima persona, seguendo il protagonista-autore dalla nascita dell’idea, alle interviste e alla cronaca di tutti gli avvenimenti, le partite, gli allenamenti, fa da specchio alle emozioni del lettore che si sentirà coinvolto personalmente.
La storia è la cronaca reale di un’impresa: una gruppo di ragazzi e una scuola che da decenni non riesce a vincere il trofeo. Il 2014 è l’anno giusto: Ivan e Paris sono talenti che capitano poche volte nella storia di una scuola.
La narrazione a fumetti scorre incalzante, tra partite, allenamenti, imprevisti, giornate no, litigate, incomprensioni, infortuni… L’autore rimane affascinato da un mondo a lui sconosciuto e spesso inserisce parentesi storiche che sembrano quasi corrispondere alla curiosità che alcuni episodi destano in lui, digiuno di basket, e che desidera soddisfare (come è nato il basket? Le regole sono sempre state le stesse? In Cina come è concepito il basket? Chi furono i giocatori più forti?).
Le regole nette e rassicuranti dei fumetti vacillano di fronte allo sport e il lettore viene provocato nell’accettare le infinite sfumature della vita:
«Dalle storie so cosa aspettarmi. Eroi che sono eroici. Cattivi che sono cattivi. Il bene che alla fine trionfa. E niente dita rotte nel frattempo. In una storia ben fatta, tutto ha un senso. Non posso dire lo stesso per lo sport»
Ecco, uno dei temi più interessanti è che non ci sono eroi, ma persone con indoli, preoccupazioni, obiettivi e storie diverse. I capitoli presentano in modo quasi biografico molti dei protagonisti di questa storia e in ogni volto (afroamericano, cinese, indiano, anziano, giovane…) incontriamo una storia diversa che ha plasmato una persona diversa che si è trovata in quel preciso momento, in un avventura insieme a compagni diversissimi da sé. Le sconfitte sono all’ordine del giorno, le scelte dolorose e gli sbagli vanno accettati... non c'è spazio per la recriminazione: sono parte di una squadra!
Paradossalmente i personaggi non sono neanche poi così approfonditi a livello psicologico: siamo di fronte ad un racconto basato anche sulla volontà dei soggetti di raccontarsi e gli adolescenti non sono tra le figure più loquaci (!). Questo aspetto, invece di minare la verosimiglianza della narrazione, la rende spontanea e interessante.
La tensione è palpabile e la partecipazione inizialmente formale e necessaria dell’autore-narratore diventa partecipazione ansiosa per questi ragazzi, che portano in campo la loro passione, che vivono insieme quotidianamente come in una famiglia, costretti dal gioco stesso a muoversi come un solo uomo, a capirsi al volo, a intendersi con uno sguardo. Anche i lettori affronteranno i capitoli finali delle partite che portano alla finale con il fiato sospeso, sperando in un esito positivo ma sempre sul filo del rasoio, temendo che l’impresa fallisca.
«Vale la pena raccontare questa storia, indipendentemente dal punteggio finale. I coach e i giocatori ora hanno ricordi che conserveranno per il resto della loro vita. Hanno costruito un’eredità più grande di ogni singola partita.»
[…]
«Vi ricordate cos’ho appena detto sul risultato finale, che non importava? Col c**o! FORZA DRAGONS!»
I temi e i personaggi appaiono - agli occhi dei lettori - non come costruzioni a priori di un autore esterno che inventa ed immagina, ma si pongono come figure ed episodi veritieri che parlano dei fatti così come sono. Il rapporto con il proprio coach assume, dunque, tutta l’importanza e la radicalità non in virtù di un progetto autoriale, ma con tutte le fragilità e i limiti che le persone hanno. Si accenna anche, ad esempio, a delle accuse mai provate di molestie che rovinarono per sempre la carriera di un coach, ma anche dell’affetto di alcuni suoi giocatori che mai avrebbero dimenticato la passione con cui li guidò e si prese cura di loro.
E quando sarete sotto i riflettori della finale e i Mater Dei Monarchs incroceranno i vostri sguardi pronti a strapparvi il vostro sogno, anche voi ve la farete sotto dalla paura, ma sarete pronti con i Dragons a dare battaglia, fino all’ultimo quarto.
Un fumetto epico, divertente, appassionante che vi farà amare il basket (anche quello femminile) in un modo unico!