È esilarante il ritorno di Cruschiform (Marie-Laure Cruschi) – che ci aveva ammaliato con Colorama – che avviene con C’era una forma, un libro con un apparato illustrativo originale e un piglio narrativo ricco di humour.
L’illustratrice francese si affianca in questa prova a Gazhole, scrittore e creativo, e insieme declinano il canovaccio della tradizionale fiaba della principessa che deve trovare marito, in un universo illustrativo dove sono le forme e la geometria a raccontarci e illustrare il contenuto noto.
La straordinarietà di questa storia sta nella capacità di declinare esattamente gli stili narrativi fiabeschi attraverso una coerente rappresentazione che utilizza la sintesi formale come metafora perfettamente calzante, addirittura parlante, delle figure che rappresenta.
«C’era una volta su una vetta appuntita, l’immenso castello d’or-ben-ti-squadro, esposto ai quattro venti. Vi regnavano un re e una regina molto esigenti e refrattari a sudditi senz’angoli sporgenti»
«Il Re possedeva due begli angoli retti, ma aveva pensieri alquanto ristretti. Di nulla dubitava, né mai idea cambiava»
«Ritta sui tacchi ad angoli acuti, la Regina strillava ogni cinque minuti. Temeva però il suo ferreo marito, che tutti zittiva con fare impettito»
In questo reame dove gli angoli, le rigidità e gli spigoli la fanno da padrone, non possono fare che orrore i figli che i due acutissimi regnanti hanno avuto la sventura di avere: ondulati, flaccidi, di traverso, tondi, lievitanti… otto figli maschi che non possono in nessun caso assicurare la successione data la loro incapacità di rimanere dentro forme perfettamente squadrate.
La fiaba racconta di abbandoni in foreste che servono, certo, a salvare la vita ai giovani rampolli, ma che palesano l’ottusità genitoriale che non vede nulla al di là dei propri spigoli. Ma in ogni bosco che si rispetti c’è una strega o una fata, giusto?
Infatti ecco l’azzeccatissima rappresentazione di una creatura che appare eccentrica e mutevole nei suoi colori, con un aspetto ondeggiante e una punta ambigua: strega o fata?
Com’è, come non è, la fata affida una pozione alla regina che rimane magicamente incinta (molto bella la sequenza-trasformazione da freccia acuminata a tondeggiante pancia esplosiva).
«Ed ecco era nata una bambina, spigolosa e perfettina. Linee, angoli, proporzioni… Che formato da campioni! Ogni lato aveva uguale: una simmetria regale!»
Ecco dunque che, in una veste angolata al punto giusto e sfolgorante nel suo rosso, fa il suo ingresso nella storia la nostra principessa.
La giovane Triangola cresce e, naturalmente, il passo successivo è trovarle un pretendente degno della sua mano. Come in ogni fiaba che si rispetti viene indetto un ballo a palazzo durante il quale sfilano i migliori pretendenti, dando ciascuno sfoggio delle proprie capacità.
I balli al centro della sala del palazzo diventano vere proprie composizioni geometriche, ma Triangola, naturalmente, snobba ogni pomposo principe.
«Valoroso Capitano, lei non ci rimanga male: non le cedo la mia mano, ma nulla di personale. Io desidero di più, un qualcosa di diverso: salir sempre un po’ più su e scoprire l’universo!»
E proprio mentre il padre coronato rischia di prendere fuoco per la rabbia, fa il suo ingresso in sala Giggi Gomma.
Non vi svelo nulla di più dello svolgimento della fiaba, se non che prevede che il principe superi delle prove e sveli un lato “sciallo sciallo” che gli permetterà di rubare il cuore alla sua bella. Godetevela!
È molto interessante osservare la resa grafica e geometrica delle figure e riflettere su come riesca a essere sempre coerente e perfettamente calzante nella rappresentazione metaforica: ciò che si vede è ciò che è secondo un traslato trasparente. Gli spigoli sono spigoli, la matematica è la matematica, i divieti sono divieti… Una rappresentazione sintetica che, non dimentichiamo, è molto amata dai bambini che riescono a sintetizzare nella forma i concetti più complessi (pensate a Piccolo blu e piccolo giallo e Orso buco, o ai collage de Nel giardino).
Curatissima l’impaginazione e la scelta dei caratteri tipografici – aspetto purtroppo molto spesso sottovalutato con risultati che tolgono valore ai libri – entrambe opera degli autori.
Perfetto il ritmo tra le pagine e l’equilibrio complessivo del libro, nel quale si alternano grandi ritratti a sequenze incasellate in griglie ad altre grandi pagine animate… il tutto accompagnato da un testo (tutto perfettamente in rima) che si fa a volte proclama –MAIUSCOLO E MINACCIOSO – a volte parola narrante gentile, precisa e sottile e altre volte ancora dialogo arguto e spontaneo.
Un plauso al team editoriale de L’Ippocampo che ha tradotto in modo molto fluido un testo che, pur presentandosi con un aspetto narrativo, mantiene un andamento ritmico a rima baciata con perfetta armonia e senza perdere mai in brillantezza.
La sottile sagacia, che potrebbe essere interpretata come adulta, è invece trasparente anche ai bambini nel suo fare uso di un apparato metaforico illustrato trasparente, il che rende la storia godibilissima e comprensibile a tutti.
La forma geometrica diventa gioco visivo e occasione di manipolazione, mostrando la vasta gamma di visioni che un soggetto, apparente così semplice, custodisce in sé e concede all’immaginazione.
Il divertimento nasce anche dalla capacità che gli autori hanno avuto di immaginare e declinare graficamente le possibilità di comunicazione delle forme, ecco dunque che la principessa Triangola eccelle in materie dove il triangolo è essenza e realtà: tenda, diamante, punta di una montagna, vela della barca …
Un libro insolito, sorprendente e sottilmente ironico, ma soprattutto godibilissimo.
P.S. Mi permetto di fare un’osservazione su un punto della traduzione (non ho potuto ancora confrontare con il testo originale): la pozione che la fata dà alla regina per farla rimanere incinta viene chiamata «Lozione immacolata concezione». Il termine religioso è usato impropriamente come impropriamente è interpretato nel senso comune. Il termine infatti non fa riferimento alla Madonna e al suo essere rimasta incinta senza atto sessuale, ma al concepimento della Madonna stessa da parte dei suoi genitori: il riferimento è infatti al fatto che lei sia nata immacolata (cioè senza peccato originale), non tanto che abbia concepito senza atto sessuale. Agli occhi e alle orecchie di chi lo sa questa lozione sembra intitolata in modo sbagliato.