Leggere Il giardino segreto, nella mia infanzia, fu per me una rivoluzione. Ricordo la lettura febbrile che non riusciva a fermarsi, ricordo di aver voluto strenuamente fare amicizia con Dickon, ma anche con Colin e Mary. Ero riuscita ad entrare nel loro giardino segreto e non volevo uscirne, per nessuna ragione al mondo.
Lessi, lessi, lessi, sbocconcellando di mala voglia il cibo, con il libro lasciato aperto sulla sedia accanto alla mia, lessi sdraiata sul letto, insensibile al pizzicorino del copriletto di lana, lessi.
Ho osservato timidamente come la stessa storia, poco meno di 30 anni dopo, è riuscita ad avvinghiare il mio 9enne che si è trincerato dietro la porta coperta d’edera per stare con quei ragazzi, una giornata intera o poco più: perché i libri belli si leggono d’un fiato.
La storia è di quelle che attraversano i secoli e diventano facilmente classici. La storia di una amicizia tra ragazzi che vivono in un’età e in un secolo (quello primonovecentesco) in cui la libertà, le congreghe di soli ragazzi e il desiderio di avventure e indipendenza incominciano a fare capolino dopo l’infanzia. Mary, orfana di genitori anaffettivi, riscopre la sua umanità (e il suo corpo) nella brughiera inglese. La rusticità di questo luogo che si riflette nei caratteri genuini di chi vi abita, aiuteranno Mary a spogliarsi del suo guscio di protesta e protezione dal mondo per consentirle la speranza della felicità. Di rimando lei stessa sarà il mezzo per cui Colin, il cugino malato, troverà il coraggio di vivere. Tra volpi addomesticate, pettirossi dal carattere trabordante, giardinieri muti, governanti severe, cuscini abitati dai topi, giochi solitari con la corda, morti improvvise, dolori immaginari i ragazzi avranno di che saziare la loro sete di vita. La scoperta e la rinascita di un giardino dimenticato diventano la metafora e la cassa di risonanza del fiorire di una ragazza e di un’amicizia. La scrittura descrittiva ed evocativa dell’autrice inglese trova un ampio respiro nella traduzione di Luca Lamberti che dona al testo una modernità certamente più spendibile nel mondo odierno (anche se a scapito di alcune strutture sintattiche ottocentesche che si sono perse…), ma con il medesimo fascino delle edizioni precedenti.
A questo punto, però, c’è bisogno di una precisazione. Io lessi il libro in una edizione del 1989, che contava pochissime illustrazioni un po’ datate e assai poco coinvolgenti, ma questo non mitigò di una virgola la potente impressione che le parole di Frances E. Hodgson Burnett ebbero su di me: la vividezza dei colori delle rose, il profumo dei fiori e della terra, il carattere scontroso e spiacevole di Mary… tutto era lì davanti ai miei occhi. Quando, dunque, ho letto che Minalima (la coppia ideatrice dell’universo visivo di Harry Potter per intenderci…) aveva preso in mano il testo arricchendolo di elementi interattivi e illustrazioni mi sono chiesta: ce n’è bisogno? Non si rischia di oscurare la potenza del testo con espedienti impressionanti, ma forse distraenti? Perché? Mi sono accostata dunque all’edizione dell’Ippocampo, un po’ frastornata dal festosissimo benvenuto che era stato concesso al testo, ma sostanzialmente molto sospettosa. Invece l’approccio della coppia inglese è stato molto rispettoso, quasi filologico e intelligente nel trovare dei pertugi, che il testo concedeva, per insinuare con discrezione una tavola, un elemento interattivo che però non prevalesse sul testo, ma anzi ne diventasse un elemento valorizzatore.
Bellissima l’impaginazione con i capolettera decorati, la suddivisione dei capitoli con brevi introduzioni che ricordano gli intertitoli, i titoli correnti nell’intestazione e piccoli decori accanto alla numerazione, le illustrazioni riquadrate (anche se qualcosa modernamente sfugge!): tutti elementi paratestuali che ricordano i testi antichi settecenteschi e ottocenteschi e che contestualizzano con eleganza la narrazione. Gli inserti sono funzionali e non entrano mai in concorrenza con il testo, appunto, ma lo fanno letteralmente fiorire: accanto alla descrizione dei giardini di Misselthwaite Manor ecco una mappa, all’ingresso nel giardino segreto ecco una rosa di carta che si apre, mostrandolo tratteggiato come un piccolo hortus conclusus, accanto al racconto dell’incantatore di serpenti ecco le spire di un cobra che si solleva, accanto alla lettera di Mary per Dikon ecco un biglietto vero e proprio da leggere aprendolo alla spicciolata…
Si percepisce la passione per la ca
Un classico senza tempo da regalare ai ragazzi che tra i 9 e i 10 anni vedono la conclusione di un primo ciclo della loro esistenza, a maggior ragione nell’edizione dell’Ippocampo, che lascerà chiunque senza parole.