I nonni e i nipoti condividono uno spazio, una bolla - diremo - fuori dal mondo frenetico abitato anche dai genitori. Sgravati, forse, dalla responsabilità educativa e da un’inevitabile serie di gravami dati dalla vita attiva e produttiva che pressano i padri e le madri, i nonni hanno il grande privilegio di godersi il tempo in modo diverso e i nipoti lo sanno.
Mi ha colpito dunque Domenica di Fleur Oury perché di questa unica e irripetibile intimità parla in modo vivido.
Clementina e i suoi genitori «vanno a trovare Nonna. Papà fa le solite raccomandazioni: “Non dimenticare di sempre ‘sì, grazie’ e ‘no grazie’, non mettere i gomiti sul tavolo e sopratutto non fare troppa confusione, Nonna è una vecchia volpe».
Il volto insofferente di Clementina parla da sé. Eppure la distorsione dello sguardo dei genitori, anzi forse proprio la cecità dei genitori che pianifica ciò che deve essere e non vede quello che si para loro davanti agli occhi è subito evidente. Quando varchiamo la porta della Nonna ci troviamo di fronte ad una volpe tutt’altro che preoccupata della forma e dei gomiti: certo la casa è perfettamente in ordine, profumata e accogliente con i suoi centrini sotto i ciclamini, le brocche in ceramica e i piatti decorati, ma la Nonna appare placida, malinconica e forse anche po’ sciatta nel suo vestito tutto sporco di rametti.
Vedere ciò che deve essere e guardare ciò che c’è sono posizioni profondamente differenti. Forma e sostanza di fronteggiano senza acredine, ma molto direttamente.
Clementina, annoiata più dalle pretese genitoriali che dalla nonna, scappa dal pranzo domenicale e va all’esplorazione del giardino e lì, come in ogni giardino letterario che si rispetti, ecco che si mostra un varco magico che conduce la volpina in un altro mondo. L’autrice immagina che oltre la siepe ci sia un bambino di quelli umani, insomma, ma poco conta il contenuto di questo mondo “altro”, quello che conta è che Clementina sperimenta una libertà, una spontaneità, un’euforia di chi può essere solamente se stessa indescrivibile. Il testo scompare, la parole ammutoliscono: rimangono solo le immagini, testimonianza evidente di felicità ineffabile. Pagine e pagine di giochi e felicità.
Il richiamo della mamma rompe l’incantesimo e Clementina, ritorna a casa di corsa… tutta sporca di rametti.
Il disappunto di mamma e papà volpe è evidente, mentre sul volto della nonna appare, gentile, un sorriso. L’abbraccio finale complice e appassionato parla da sé.
La nonna e la nipotina mostrano, attraverso quei rametti disordinati intrecciati ai vestiti, la condivisione di un mondo che appartiene a loro, a chi per età esperienza o semplicemente affetto è allenato ad essere fedele alla propria felicità e totalmente allergico ai formalismi.
Cosa condividono questa nonna e questa nipotina? Uno spazio solo loro, il cui accesso è invisibile agli occhi dei genitori, uno spazio di libertà euforica tutto, solo loro.
Avrebbe potuto essere un silentbook questo libro - ed in effetti a pensarci dopo un po’ di tempo io stessa mi sono chiesta se davvero non lo fosse! -, innanzitutto perché le immagini sono eloquenti e raccontano in modo minuzioso lo svolgersi dell’azione, secondariamente perché ognuno ha nella memoria istantanee di scene di vita così. Io stessa ricordo i “stai composta”, “non fissare le persone”, “sii servizievole” appioppatimi da bambina! Le immagini sono bellissime, piene di fiori e piante, disseminate senza clamore di dettagli splendidi, come gli uccellini fedelmente foggiati. Ecco ciò che colpisce è che i fiori, gli animali, le piante, i tronchi, ma anche i piatti, i tovaglioli, i quadri alle pareti non sono disegnati genericamente o stereotipicamente, ma ogni particolare è riproduzione esatta di un tipo di fiore vero, di un ricamo che immaginiamo vero…
Una storia rinvigorente e profumata di arrosto e patate che celebra i nonni e i nipoti e il loro linguaggio di intesa così intenso e unico. Da riscoprire. Unico effetto collaterale: vi verrà voglia di poter abbracciare i vostri nonni!