Le storie di sport spesso vengono narrate a partire da due “temi” forti, non affatto deprecabili, ma ormai unico filtro - sembra - per raccontarlo: la sconfitta come passaggio necessario per raggiungere la vittoria, il sacrificio come iter necessario al raggiungimento dell’obiettivo.
Le 15 brevissime biografie raccolte in Fuoriclasse, invece, sebbene per certi versi riecheggino questi accenti, tuttavia pongono l’attenzione su un aspetto interessante degli sportivi cioè il loro essere persone e la loro vita al di fuori anche del mondo e dell’esperienza sportiva: il divertimento, le sfide quotidiane e personali, la gioia, i progetti…
I protagonisti sono grandi campioni con vittorie riconosciute universalmente, ma a volte sono persone che hanno compiuto imprese particolari nel mondo dello sport anche senza raggiungere riconoscimenti o medaglie (in Pakistan già poter giocare a palla ed essere femmina è un traguardo!).
Le storie sono molto differenti, tra di loro c’è ad esempio Duke Paoa Kahinu Mokoe Hulikoholache, hawaiano, il primo a “brevettare” lo stile libero nel nuoto e che sdoganò nel mondo sportivo quell'attività che alle Hawaii era parte della vita quotidiana: il surf! Kathrine Switzer, la prima donna a partecipare alla maratona di Boston, dovette lottare contro i pregiudizi sessisti. C’è Steve Waugh, campione di cricket, che all’apice del successo incontrò madre Teresa di Calcutta e, a partire da quell’incontro, fondò un’importantissima organizzazione di supporto ai bambini più poveri e affetti da malattie rare. C’è Ibrahim Hamadtou che anche senza le mani ha trovato un modo per continuare a giocare a ping pong, e poi Wilma Rudolph, “la gazzella nera” che ha sconfitto la poliomelite, vincendo tre ori alle Olimpiadi, ma che ha anche condotto un’importante rivoluzione contro il razzismo negli Stati Uniti.
C’è il lottatore Werner Seelenbinder che è finito in un campo di concentramento, pur non di rinnegare le sue idee contro il nazismo, c’è Yusra Mardini (nata nel 1998), nuotatrice siriana, che ha attraversato l’Europa a piedi per scappare dalla guerra e che ancora oggi fa parte della squadra dei rifugiati, o ancora Eugenio Monti, campione di bob, che con il suo bullone ha permesso agli avversari inglesi di partecipare alla finale delle Olimpiadi del 1956… e di vincere.
L’accento di ciascuna storia non è tanto sulle vittorie o sul successo sportivo, ma sulla vita di queste persone che con lo sport si è intrecciata. I testi sono molto brevi, ma suggestivi e precisi.
Ho apprezzato molto che il canone degli sport scelti non sia il solito: troviamo la maratona, il baseball, il ping pong, il judo, la lotta greco romana, l’atletica, il cricket, lo squash…
Serena Mabilia arricchisce in modo persona le pagine che sono fittamente illustrate e che spesso dialogano anche con fotografie. Il suo colore grasso crea naturalmente delle sfumature e dei riflessi che animano le pagine in modo inconfondibile.
Credo che questo libro sia una perfetta proposta per primissimi lettori (dai 6 anni) che siano interessati alle storie vere e naturalmente allo sport.