Io sono una persona “diversamente ironica”. È una sindrome per cui la persona affetta trova divertenti particolari o situazioni che di norma non fanno ridere nessuno e ride scompostamente, di solito contagiando i vicini, imbarazzati dalla reazione inconsulta del poveretto. Invece le cose che dovrebbero farmi ridere, le cose che fanno ridere tutti, non riescono a strapparmi neanche un mezzo sorrisetto. Non vi dico la tortura a cui sono sottoposta da quando mio figlio ha deciso di cimentarsi con giochi di parole, barzellette e co.: ho una paresi facciale che ho elaborato e che sfodero ogni volta che è necessario farlo sentire orgoglioso dei suoi sforzi.
Per questa mia particolare sindrome non ho mai pensato di cercare l’ironia nei libri: di solito quella che trovo non mi fa ridere e io mi ritrovo a fissare la pagina un po’ spaesata (grazie al cielo i libri non pretendono che tu rida alle loro battute). Solo Oliver Jeffers pare aver trovato delle corde a me leggermente più consone.
Ero quindi un po’ sulle mie quando per il cubo di questo mese abbiamo deciso di parlare della ristampa de L’orco che mangiava i bambini di Fausto Gilberti. Non lo avevo mai letto e dopo averlo letto in solitudine mi sono detta: una storia sul mangiare sano? Saverio la troverà una noia. Un orco che mangia i bambini nel vero senso del termine, con descrizioni anche truculente («prima di andare a letto [l’orco si mangia ndr.] Emma inzuppata nel vino zuccherato (solo mezza testa però, dal naso in su)»)? Saverio si impressionerà e non vorrà rileggerlo. Sono stata smentita su tutta la linea, decisamente.
La storia che ci racconta Fausto Gilberti, che ironico è davvero, parla di un orco di quelli proprio spaventosi: «C’era un Orco brutto e cattivo. Non si lavava mai e quindi era sporco e puzzolente. Aveva molti difetti e nessun pregio». Si è tentati di ipotizzare che l’autore stia esagerando (magari giriamo pagina e scopriamo che è brutto ma in fondo ha un cuore buono…), invece no, quest’orco si pappa allegramente i bambini, tutti i bambini golosi: «Matilde che mangiava scatole intere di brioches farcite. L’Orco se la mangiò bollita». I bambini che mangiano genericamente sano sono invece causa di morte quasi certa: «un lunedì finì d’urgenza in ospedale per aver assaggiato il braccino sinistro di una bambina dell’ultimo anno di asilo che faceva sempre colazione con yogurt, cereali e frutta secca». Il succo della storia è ben che finito, infatti dopo la carrellata di bambini che si è sbafato e bambini che lo hanno intossicato con i loro cibi genuini, la storia si conclude così: «Ah, dimenticavo di dirvi che l’Orco non è ancora morto di vecchiaia. È vivo e vegeto. Quindi, golosastri che non siete altro, occhi aperti e attenzione a quello che mangiate se non volete finire nella sua dispensa!».
Il testo in sé e per sé potrebbe essere considerato abbastanza noioso, anche se l’approccio all’argomento cibo – di solito affrontato in modo persuasivo della serie “mille trucchi per invitarti a mangiare” – declinato in questa salsa black e macabra ha il suo fascino. Ciò che salva dalla deriva moraleggiante è la figura del personaggio che, con gli occhioni a palla, i capelli acconciati a “scarica-elettrostatica-costante” e le mani scheletriche, con assoluta naturalezza si pappa e si ingolla i pargoli golosi senza diventare ai nostri occhi un personaggio cattivo, ma neanche un paladino della salute!
Saverio, non so per quale strano meccanismo, ha memorizzato i cibi dei bambini e li snocciola con grande divertimento: “vedi mamma questo è un bambino che si era pappato patatine e cicca (gomma americana), questo invece lo sputa perché aveva mangiato una mela”. Confermo dunque che i bambini in fase prescolare ne riusciranno divertiti!
L’uso del bianco e nero amplifica l’effetto terrore, ma nello stesso tempo offre un diversivo stilistico agli occhi dei lettori che saranno certamente incuriositi dal poter disegnare una storia con il solo nero e magari con la sola penna (o la china se sono fortunati!).
Un libro ironico per parlare di cibo in modo deciso e non per forza assertivo, ma comunque in modo molto esilarante (almeno credo).