Louis e i suoi fantasmi è un romanzo per immagini (molte) e parole (condensate, ma pregnanti) che racconta di amore, delusione, dolore, solitudine, affetto e coraggio. Il dolore dei ragazzi è un dolore acerbo che morde la carne con durezza, forse perché è con il passaggio all’adolescenza che il dolore diventa un dolore dell’animo e del pensiero, un primo dolore, vero. Louis, 11 anni, fa i conti con i suoi fantasmi che sono le circostanze della vita che gli è capitata, ma forse, per la prima volta, anche con i fantasmi del suo essere e del suo voler essere. È la sua voce a raccontarci tutta la storia, una storia che si apre con un cielo che piange. Piove e anche il padre di Louis piange: «Il cane abbaia. Il gatto miagola. Mio padre piange. … Funghetto dice che è perché ci ama troppo. Non è che non sia vero. Ma resti tra voi, me e l’autista dell’autobus: non bisogna essere laureati in fisica nucleare per capire che se mio padre piange è, soprattutto, per colpa del vino». Quella di Louis non è una vita perfetta è una vita fatta di una mamma e di un papà, allontanati dall’incapacità di fare qualcosa per cambiare, vigliacchi forse, ma intensamente doloranti e vibrantemente vivi, un fratello inconsapevolmente e felicemente piccolo e poi tutto un mondo intimo e personale fatto di amici (uno, Boris) e un grande amore (Billie).
«Billie parla pochissimo. Credo che sia perché gli altri la deludono a tal punto da farle perdere l’uso della parola. Quando lo fa tutto si illumina, tutto esplode in lampi di miele e di fuoco. Billie non fa minacce, ma promesse».
La lotta di Louis ha Billie come orizzonte, la paura di non essere all’altezza, di non essere capace, di non essere coraggioso, la paura di non essere giusto, di non riuscire, il terrore di sapere già, questo il campo di battaglia.
«Non sapevo che l’amore è come una roccia che fa esplodere il cuore, che fa male tanto quanto sa vivere, e che fa venire voglia di scappare e allo stesso tempo impedisce di farlo. Quello che sapevo è che la maggior parte delle volte finisce male».
Fanny Britt intreccia sapientemente i diversi fili narrativi: i genitori che si riavvicinano, ma poi non reggono, Funghetto che come un metronomo scandisce il progredire del tempo, i pensieri di Louis, i gesti di Billie, i discorsi di Boris… L’autrice ha sempre parole non scontate e anche se la parabola del protagonista è la più classica parabola del romanzo di formazione, il travaglio entro cui lo guida e il traguardo che alla fine ci regala non sono frutto di alcun automatismo, rimaniamo infatti col fiato sospeso fino all’ultimo, per poi scioglierci in un commovente pianto (sì ho pianto!): Louis comprende cosa significhi prendersi cura dell’altro e lo fa accogliendo e accettando innanzitutto la propria debolezza.
«… Le dirò che essere in pericolo al suo cospetto è la cosa più meravigliosa di tutte e le dirò che se mi metto a piangere spero che capirà che sono lacrime di coraggio e che scommetto che se le conservassimo in un boccale con quelle di mio padre e quelle di… il boccale traboccherebbe e il suo contenuto si spanderebbe per terra tra le crepe dell’asfalto, nei fossati e sotto la terra e il giorno dopo sboccerebbe un fiore… e le direi ecco il fiore del coraggio, è per te, ti amo».
La costruzione tecnica del libro è perfetta e misurata in ogni particolare. I capitoli si aprono con doppie pagine color tortora: da una parte il titolo, dall’altra un soggetto naturale, fiori per lo più, che anticipano misteriosamente lo svolgersi del capitolo. Le tavole interne ariose, nella loro perdita di contorni, alternano grandi spazi silenziosi, a sequenze incalzanti, dialoghi sovrapposti a flussi di pensiero intimi e profondi, riprese descrittive e realistiche a disegni dove l’emotività e il colore invadono lo spazio ora con discrezione e leggerezza altre volte con irruenza, rabbia e gioia. Isabelle Arsenault riempie gli occhi e commuove: il suo tratto leggerissimo ha una lucidità quasi fotografica e nello stesso tempo una tenuità impalpabile. I disegni giocano con i pieni e i vuoti come se a volte le figure appena contornate non fossero presenti, ma solo spettatori esterni immaginati o immaginanti, i colori appaiono come sfumature incorporee dei sentimenti, dei pensieri e dell’energia che i personaggi emanano, anche le ombre giocano ad enfatizzare e a raccontare i tormenti del cuore. Lo sguardo del lettore è spinto vicinissimo, a volta allontanato, altre ancora guidato a soffermarsi sui gesti: l’illustratrice mostra un talento raro nel dosare e organizzare i tempi narrativi, senza che vi sia mai una caduta di tono. La scelta di una palette neutra, con guizzi di giallo e verde menta comunicano una grande serenità in contrapposizione all’intensità della narrazione. Si rimane con il magone.
Un libro, a mio parere imperdibile perché pieno di paura, dolore, incapacità eppure grondante speranza, di quella speranza che cerchiamo ogni mattina tra le pieghe dell’asfalto.
Dagli 11 anni.
Louis e i suoi fantasmi
Fanny Britt - Isabelle Arsenault - Michele Foschini (traduttore)
160 pagine
Anno: 2017
Prezzo: 16,00 €
ISBN: 9788804660774
Mondadori editore