La buca di Emma AdBåge è un libro straordinario, con una personalità travolgente. Ciò che colpisce subito è lo stile illustrativo disadorno, infantile, essenziale. Lo spazio è deformato da imperfezioni dove la bidimensionalità dialoga in modo personale con la prospettiva, secondo un punto di vista molto ingenuo ma nello stesso tempo molto caratterizzante e personale. Poi si affronta la lettura e la voce della protagonista, che parla in prima persona, conquista immediatamente per il tono semplice e asciutto, tipico dei racconti dei bambini, unito ad un’enfasi coinvolgente.
«Nel cortile della nostra scuola, dietro la palestra, c’è un buca. Noi la chiamiamo la nostra buca».
La Buca, come viene chiamata, ha una forza calamitante: non è niente di più che una grande fossa, ai margini del cortile attrezzato della scuola, ma per il gruppo di ragazzi è un altro mondo: «è piena di salite e di discese, di rami e di sassi, e in un punto c’è del fango giallo che non finisce mai! Una volta Vibeke ha provato a scavare per tutto l’intervallo, ma il fango non finiva proprio mai». I bambini giocano forsennatamente e intensamente tra radici, ghiaia, terra, rami, sassi… si ha quasi l’impressione che la buca sia immensa.
«I grandi odiano la Buca. Dicono che non ci dobbiamo giocare, perché si può morire. “O come minimo cadere e farsi male!” dice Eva. “Una volta io sono caduta e mi sono fatta male” dico io. “Però non ero nella Buca ma ero nella stanza dei cuscini e Hannes ha fatto un salto dalla spalliera ed è atterrato su di me invece che sul tappetone”»
Le fazioni avverse paiono schierate: ci sono gli adulti che con facce astiose e perplesse fanno opposizione passiva e i ragazzi (noi) completamente incuranti che giocano a rotolarsi giù dalle pareti della Buca: l’obiezione è una sola, ci si farà male!
«“La Buca è comunque la cosa più divertente” borbottiamo»
Non ci sono altalene né palle che la riescano a sostituire, e solo i divieti riescono a tenere i ragazzi fuori dalla Buca, pur senza impedire loro di giocare intorno al suo bordo… ed ecco che la calamitante Buca suggerisce innumerevoli altri giochi: «dopo poco il Bordo è tutto consumato».
Ma i colpi di scena non sono finiti: «il venerdì, dopo che siamo stati a giocare sul Bordo per tutto l’intervallo, mi scappa la cacca. Quando passo davanti alla stanza degli insegnanti, però, sento i grandi che parlano tra loro. […] Poi la cacca mi scappa fortissimo e poi arriva il fine settimane e nessuno va a scuola».
Il rientro a scuola lascia tutti attoniti: non c’è più la Buca. È tutto finito, dunque? «Si può solo camminare dritto»?
«All’improvviso vediamo una cosa»
Il grigio si impone tra le pagine, il cielo è bianco forse per la rigidità del clima svedese, ma in ogni caso contribuisce a rendere atemporale ed icastica la vicenda. Spiccano con il loro rosso i guanti, gli stivali e le corde per giocare, ma ad uno sguardo più approfondito ci si rende conto che i piccoli oggetti sono innumerevoli e i guanti marroni, neri e gialli sono moltissimi, sparsi e persi tra le pagine. Realismo e deformazione stilistica si armonizzano in modo unico: i bambini sono ritratti con la giacca mezza infilata e mezza no, intenti ad infilarsi uno stivale mentre mangiano la merenda e perdono un guanto, seduti come scimmiette scomode sulle sedie della classe, intenti a lamentarsi e a far le linguacce, appesi ai tronchi e accovacciati sulle rocce… gli adulti hanno dimensioni spesso spropositate, espressioni crucciate e spesso un occhio chiuso.
Un realismo che spesso nella letteratura infantile diventa lezioso e che invece in queste immagini non ha nulla di aggraziato, ma che proprio per questo fa sorridere!
Le immagini hanno un’onestà spontanea particolarissima, dove le macchie di fango sul pavimento, lo zerbino di plastica nera davanti alle scale e il sangue dal naso non hanno nulla di romantico, ma neanche nulla di epico: ci sono e basta.
Completa questo vivido ambiente una voce narrante genuina e un gruppo di amici davvero invidiabile: sarà la medesima origine svedese, ma questo gruppo di bambini, ricorda molto quelli di Astrid Lindgren, spensierati e seriamente impegnati al contempo.
Un albo davvero meraviglioso che celebra, pur senza alcun tono celebrativo, l’amicizia, l’immaginazione, la vividissima vita infantile.
Unico.
Dai 4 anni.
Tradotto da Samanta K. Milton Knowles