Quello di Davide Morosinotto, Un’avventura di Natale, non è un libro prettamente natalizio, niente Babbi Natale, niente grotte della Natività, è tuttavia una storia che si svolge nei giorni antecedenti al Natale e al centro ha un presepe e un Bambino di corallo capace di cambiare tanti cuori.
Questa avventura ambientata dalla penna sapientissima e gustosa dell’autore veneto segue Nicola Blasco Zappalà in un viaggio ambientato nel 1650 circa all’interno della Sicilia, da Trapani a Palermo.
«Nicola Blasco Zappalà non credeva nel Natale. E se è per questo non credeva quasi in niente»
La capacità di costruzione folkloristica e visiva è incredibile: Morosinotto ci catapulta nella mentalità, tra i costumi e nei paesaggi seicenteschi, la stessa lingua (che naturalmente è italiana) ha un incedere dal gusto quasi dialettale antico.
Ciò che rende questa storia davvero natalizia è il cambiamento che l’Avvento del Natale causa nel protagonista, un caso direte, il viaggio si potrebbe pensare… ma certo non possiamo tacere che il miracolo, o meglio l’accadere dell’inaspettato avviene proprio la vigilia di Natale, davanti ad un presepe.
Non immaginatevi però un cambiamento di quelli moralistici e prevedibili, un cambiamento radicale, dal bianco e al nero, indotto dal senso di colpa… come in parte immaginiamo la conversione di Ebenezer Scrooge, messo davanti alla piccolezza della propria umanità da un viaggio sogno premonitore. Quello di Nicola è piuttosto un cambiamento dato dall’esperienza, dal vantaggio di essere vivi e presenti a se stessi e non da un rivolgimento interiore, un po’ contorto.
Nicola infatti è un ragazzino superficiale, materialista, poco avvezzo al lavoro e tendenzialmente sfaticato e incapace di badare a se stesso. Un protagonista immaturo che inviato alla volta di Palermo a consegnare un prezioso presepe di corallo, si scontrerà con la vita: i tradimenti, la bruttezza, la codardia, la furberia, la truffa, i pericoli, la fatica, il lavoro… la cita vera.
Il viaggio è dipinto sapientemente dalla penna di Morosinotto che rievoca e costruisce minuziosamente uno spazio coerente e suggestivo, attraversato da una storia imprevedibile e dove i personaggi hanno una caratterizzazione che potremmo definire classica, ma non per questo prevedibile.
Le curve e le deviazioni che le figure imboccano sono disparate e a volte subitanee, certamente oltre l’orizzonte pacificante che vorrebbe trasformare in “buoni” tutti i personaggi delle storie di Natale.
A viaggio appena incominciato infatti, il prezioso prezioso presepe sarà rubato e da quel momento incomincerà un gioco di inganni e rincorse, per recuperare e consegnare il prezioso tesoro.
Il finale, dopo averci fatto incontrare disperati, artigiani, briganti e ragazze furbe, povertà e ricchezza, furti e regali, cupidigia e ingenuità, ci guida fino alla vigilia di Natale dove la statuetta del bambino Gesù determinerà un cambiamento di mentalità di chi gli si troverà vicino. Nicola innanzitutto che si renderà conto di aver conosciuto finalmente il mondo e averne percepito il valore, ma anche le ombre, il dolore e la fatica. Quella statuetta del Bambino Gesù quasi inconsapevolmente ne è stato il mezzo e lo strumento.
«Crescendo diventò un bravo artigiano e, ciò che è più importante, una brava persona. Che credeva negli altri. Credeva in se stesso. E, soprattutto, credeva nel Natale»
Stupende, pittoresche, precise le illustrazioni di Fabio Visentini che non ci si aspetterebbe così straordinarie all’interno di un romanzo, prevalentemente rivolto a ragazzi grandicelli (dagli 8 anni), e che eppure donano un aspetto ai volti e alle figure davvero unico.
Una bella proposta narrativa per Natale, un viaggio verso la grotta piccola di una Natività che continua a cambiare i cuori degli uomini da più di 2000 anni.