I due libri di oggi sono uniti dai “cattivi” che si nascondono nel buio del bosco e da piccoli eroi bambini che decidono di affrontarli.
Il topos letterario del bambino, dell’innocente, che si offre come paladino per andare a combattere i giganti, i cattivi ha radici che affondano nelle fiabe e nei racconti più atavici e nei miti più reconditi. Dal minotauro al piccolo sarto coraggioso dei fratelli Grimm.
Tutti questi fili di storie di racconti confluiscono in narrazioni contemporanee che riprendono questi questi moduli narrativi e li rinnovano. il primo esempio che vi porto è quello di Sir Ned contro i cattivi del bosco a firma di Brett e David MCKee, illustratore che molti conosceranno come il padre del celeberrimo Elmer.
Questa storia, a firma del figlio Brett e uscita pochi anni fa in Inghilterra, racconta di un piccolo cavaliere dall’elmo a foggia di barchetta di carta che si offre per sconfiggere i «Cattivi del bosco» che spaventano l’intero villaggio con le loro urla agghiaccianti. Tutti i più nobili e valorosi cavalieri hanno rifiutato l’impresa ma Ned non ha nessuna paura e, armato della sua spadina legno, si avventura spavaldo nel bosco.
La parabola eroica di Ned basa il suo fascino sul fatto che il piccolo bambino cavaliere non riconosce come cattivi i veri cattivi anzi se li fa compagni, nella ricerca dei suoi antagonisti.
«Partì così per il bosco dove soffiava un vento fortissimo e selvaggio e lì incontrò un troll che gli chiese:“Dove vai?” “Cerco i Cattivi del bosco, li cerco ad ogni costo!” “Conosco bene questi boschi” disse il troll “Cerchiamoli insieme, dai!”»
Il divertimento è assicurato dallo scarto tra i personaggi spaventosi, ma neanche troppo, che animano le pagine e il candore con cui Ned le guarda.
Il troll, la strega e poi il lupo cattivo… la coscienza – che si presuppone appartenere al lettore – riconosce come i cattivi, quelli che il piccolo Ned invece si fa compagni!
L’innocenza del bambino, la fiducia e l’assenza di paura appartiene ad un bambino ideale, perché in realtà le paure, i mostri, i lupi cattivi… sferzano l’immaginario dei piccoli ma Ned in questa sua ingenuità si fa compagno irreprensibile dei suoi lettori e, privo di paura, fa della sua “tontolaggine” un punto di forza, la vera arma dell’eroe. Infatti alla fine Ned di fronte al falò pronto per cuocerlo intonerà una magnifica canzone, «così bella che fece una magia. Riuscì a trasformare il male in bene e tutto diventa bellissimo. I cattivi del bosco sorridevano incantati mentre ascoltavano la straordinaria melodia».
I Cattivi, dunque, abbandonano di punto in bianco i loro propositi diabolici e si uniscono a Ned in un finale assolutamente inaspettato ed esilarante, fondando con lui una compagnia teatrale che va su e giù per il regno a fare spettacoli sotto il nome di Ned e la magic band!
Questa storia, arricchita dalle splendide illustrazioni celeberrimo dell’illustratore inglese, ha un fascino fiabesco che fa del candore un punto di forza e che ridimensiona il brutto e il cattivo, in una dimensione divertente.
Altro target – adulto – e altra finezza di riferimenti definiscono il lavoro di Matteo Gubellini. Rurale è un libro che per densità di immagini letterarie e pregnanza di immagini illustrate avrebbe potuto essere tranquillamente un silentbook.
Una bambina dalla veste bianca, senza testa, corre e gioca con il suo cerchio nella campagna. Il cerchio percorre lo spazio, i prati, le irregolarità del terreno, leggendolo come solo le dita di un cieco sono capaci di leggere il mondo. Il cerchio diventa una sorta di organo tattile che legge lo spazio e la storia e guida la bambina senza testa con sicurezza.
Il tatto è la sensazione chiamata inizialmente a leggere questa storia, non a caso l’aspetto che colpisce di più di queste pagine è la materialità delle illustrazioni ad olio che costruiscono uno spazio naturale fatto di alberi, cespugli, foglie, fili d’erba ma anche campi e tronchi e rami che si imprimono nell’occhio, ma che vogliono essere toccate.
L’esperienza da tattile, poi, si fa uditiva: la bambina «sentiva nel petto avvicinarsi, in qualunque luogo si trovasse, un crepitio basso e nervoso come il tam tam. Un suono che la chiamava sé, e che lei non avrebbe mai saputo ignorare»
Un mostro dalla testa di toro e dalle corna rosse abita la torre al centro della campagna e la bambina lo raggiunge.
L’ncontro tra la bambina e Corna rosse ha qualcosa di mitologico e primitivo: chi è questa figura androgina? Chi è questa bambina? Quale rapporto lega i personaggi? Eppure il mostro segue la piccola con disinvoltura nella campagna.
Le immagini sono dense di simboli (anche cromatici, spaziali…): una bambina senza testa si specchia in un mostro umano la cui testa evidentemente è al posto sbagliato.
Forse la bambina e Corna rosse sono la stessa figura, sono parti l’una dell’altra? Forse i viaggi nella campagna sono un viaggio dentro di sé, verso un luogo che chiama irresistibile e «stana gli ansimi del petto che sfarfallano nella campagna».
Corna rosse lascerà solo la sua testa nel lago Nero «che inghiottiva le cose brutte» o vi si abbandonerà tutto intero?
Ciò che colpisce di questo libro è sicuramente la qualità delle immagini e le emozioni che stanno suscitare attraverso l’irregolarità pastosa dell’olio. Sembra di sentire le cicale e poi il silenzio inquietante intorno al mostro, ci si perde tra gli alberi (che belli!) e le ombre e i cespugli che profumano quasi fino a far male agli occhi in una rievocazione dello spazio (toscano?) imperiosa.
Ma siamo sicuri che questo mostro sia un cattivo? Il tam tam che chiama ciascuno e chiede pace è «una voce impossibile da ignorare».