Ho più volte sostenuto e scritto che fare libri per neonati sia difficilissimo, in primo luogo perché spesso gli acquirenti (i genitori) non percepiscono la necessità di comprare libri che bambini così piccoli riescano a “leggere”, in secondo luogo perché i lettori più piccoli non sono compiacenti e non sono sempre disposti a sorvolare su alcune debolezze o leggerezze del testo e della struttura. I testi per neonati devono essere perfetti, altrimenti non funzioneranno: il gusto c’entra poco e i libri verranno accantonati.
È dunque evidente quanto sia impegnativo cimentarsi in questo tipo di libri, come testimonia la totale assenza, negli ultimi anni, di testi premiati per questa fascia d’età.
Ci prova coraggiosamente un gruppo all’interno del colosso dei giocattoli educativi Clementoni e dà prova di idee interessanti e promettenti.
Vi mostro 3 volumi della collana Mille giorniche mi hanno incuriosito: Sul bianco e sul nero, Io sono io sentoe Io vedo io faccio.
Tre robusti cartonati di piccole dimensioni, con angoli smussati, dedicati alle prime esplorazioni e alle prime letture.
Sul bianco e sul neroè un cartonato bianco e nero che si rivolge ai neonati di pochi mesi che amano le figure contrastate e i soggetti realistici. A partire dall’idea classica di figure fotografiche rese bidimensionali dal bianco e dal nero, gli autori osano un passo progettuale ulteriore, dividendo le singole pagine in due spazi (bianco e nero) e affiancando figure e gesti simili. C’è la teiera con la tazzina (bianco su nero) e sotto l’annaffiatoio e la pianta (nero su bianco), la mongolfiera e la lampadina, i palloncini e le meduse… e così di seguito. Il libro è molto bello e inusuale, gli stacchi tra i colori sono fini (la linea è spesso molto sottile), i soggetti sono comuni, ma non banali. Ci sono anche soggetti che travalicano la linea di demarcazione passando dal bianco al nero e soggetti grigi: effetti d’impatto, ma credo poco funzionali alla comprensione visiva dei più piccoli.
Rielabora invece il concetto di “libri con le facce”, Io sono io sento, con una rivisitazione del percorso fotografico tra le emozioni. Attraverso una ricca progettazione abbiamo infatti in ogni doppia pagina un collage fotografico di dettagli che amplificano l’espressione sensibile del volto correlato (a sinistra), una fotografia in bianco e nero di un volto (a destra) stampata su una aletta che si solleva e mostra una ulteriore fotografia, a colori e contestualizzata, e sul retro della aletta una poesia. Mi spiego meglio, con un esempio. Al volto sorridente di un bimbo sdentato e gioioso fa da corrispettivo, a sinistra, un collage di manine che applaudono, bocca sorridente, occhi felici; sotto il volto di destra, l’aletta rivela la foto di una mamma che bacia un neonato beatamente felice e a lato questa poesia: «Sale la gioia su dai piedini / li muovo veloci dentro i calzini. / Sulle ginocchia si ferma un pochino / prende lo slancio e salta al pancino. / Rimbalza sul petto come impazzita / solletica la gola come mens piperita. / Rovescia in un colpo la bocca sdentata / con un sorriso largo a frittata». Il libro si presta naturalmente ad essere osservato e goduto dai neonati grazie alla capacità e all’interesse nella lettura dei volti. Certo il collage risulterà incomprensibile fino a che il bambino non sarà in grado di maneggiare autonomamente il libro. La poesia sarà un gioioso accompagnamento per i genitori, ma le alette non saranno funzionali a nessuna scoperta almeno fino ai 2 anni.
Io vedo io faccio è infine una curiosa declinazione fotografica e ludica della scoperta della quotidianità. Anche in questo caso, come nel precedente, abbiamo una doppia pagina che nasconde una aletta con ulteriori contenuti. Inizialmente abbiamo un contesto delineato fotograficamente con colori a contrasto, sulla falsa riga del bianco e nero (un guardaroba, l’ingresso di un giardino, una dispensa…), a destra l’immagine fotografica di un dettaglio (le scarpe e le calze, gli stivali e l’annaffiatoio, una pentola e due mestoli…), sotto l’aletta la fotografia di un bambino nel contesto (un bambino che si veste, che innaffia le piante in giardino, che gioca con la pentola sul seggiolone) e nel retro dell’aletta il rumore onomatopeico correlato all’immagine («puff ufff umpf eeeeeeeeeh fatto!», «plin plinc plinc scrosssssshhhhh», «deng deng sdenghete»). Il percorso è molto interessante e permette un coinvolgimento dei bambini più grandicelli (tra l’anno e i 2 anni) grazie alla vocalità, alla fotografia empatica e quotidiana e anche grazie alla scoperta che l’atto del sollevamento dell’aletta permette. La figura a contrasto iniziale potrà dunque sì essere proposta alla visione dei neonati, ma l’affollamento dei soggetti potrebbe non essere compreso.
La mia impressione generale su questi lavori è che ci sia una interessante volontà di rivolgersi ai più piccini con testi di qualità, ragionati, progettati e pazientemente spiegati nelle esaustive quarte di copertina. Forse il desiderio, pur lecito e buono, di rivolgersi al bambino in crescita e quindi a diverse fasce di età – in un segmento dove anche solo un mese fa una differenza abissale nella capacità di usufruire di un testo – rischia di voler contenere una molteplicità eccessiva di stimoli (alette, scambi tra il bianco e il nero, fotografie, poesie, dettagli…), anche se è pur vero che basta somministrare la narrazione selezionando una sola modalità. Nel libro con le facce, si potranno mostrare inizialmente solo i volti e poi al bambino più grande si potrà proporre di scoprire le foto nascoste, in quello delle oggetti casalinghi si potrà godere del bianco e del nero come riflessione visiva per i bambini più grandicelli, lasciando loro l’avventura di sollevare le alette… Va certamente dato atto a questo team di autori di voler interloquire con i bambini in modo commisurato e originale, con una attenzione alla bellezza, oltre le solite strade già percorse.
Insomma un progetto interessante da tenere d’occhio.
P.S. avrei indicato gli autori e i curatori degli albi!