Continua la proficua collaborazione tra la poetessa Chiara Carminati e il fotografo Massimiliano Tappari. Questa relazione va avanti da ormai cinque libri (primo, secondo, terzo, quarto e quinto), ma secondo me l’ultimo arrivato in casa Lapis, Cerca cerchi, fa un passo molto interessante, riportando al centro il valore della poesia.
Se in Quattro passi avevo colto una sorta di impercettibile nota dissonante, nell’invito esplicito a partire per ritrovare nel mondo forme e storie poetiche, suggerendo però di fatto quasi la necessità di una produzione poetica per il godimento stesso della poesia, in questa nuova prova il passo si “raddrizza”.
Cerca cerchi chiede, infatti, al lettore di fermarsi, di ascoltare, di stare per arrivare al fondo del significato delle parole e del significato delle immagini.
Niente a che fare, dunque, con l’“armiamoci e partiamo”, in queste pagine emerge con decisione la necessità di una pausa, del silenzio per poter apprezzare fino in fondo ciò da cui siamo circondati.
Questa centralità è ribadita anche dalle fotografie che sono diverse. Se infatti fino ai volumi precedenti avevano giocato con la pareidolia, invitando i lettori a trovare un volto o qualcos’altro nell’impressione dell’immagine rubata nel mondo intorno a noi, in Cerca cerchi quello che troviamo rappresentato è la sola realtà, accomunata dall’eccezionalità di apparirci per la prima volta affine, per la sola forma.
Un cavo della luce arrotolato, un tombino, un rosone, una piastrella, lo scolo di un lavandino, la macchia di una goccia per terra … tanti cerchi tante forme circolari e tondeggianti che non sono nient’altro che loro stesse, o no?
L’introduzione - che ho immaginato a cura di Tappari, come nelle edizioni precedenti - ci racconta un altro paradosso: le pagine quadrate di questo libro raccolgono realtà che possono essere sferiche e comunque circolari, le rendono piatte e proprio nel mistero della loro trasformazione ci chiedono di fermarci ad osservarle per riconoscerle.
A questa introduzione seguono 12 indovinelli che si aprono tutte nello stesso modo «Cerca il cerchio…»
«Cerca il cerchio che ama il vento
quando infuria il temporale
sfida il cielo grigio e spento
e si apre come un fiore»
Nella pagina accanto quattro riquadri regolari racchiudono altrettanti cerchi fotografati nel mondo: un cappello, una bussola, un ombrello rotto buttato nel cestino e un fiore.
Quale cerchio corrisponde alla descrizione poetica? Non è così scontato dirigersi immediatamente alla risposta giusta, oserei dire che a volte non esiste una risposta “giusta” perché l’interpretazione dell’immagine e della parola e l’esperienza possono guidarci verso una o l’altra immagine.
Certamente ciò che accomuna ogni poesia è la richiesta di rimanere all’interno della pagina e delle parole, cercando tra significati, significanti e sfumature semantiche qualcosa che si aggrappi alla nostra esperienza e ci guidi a riconoscimento del cerchio descritto.
Nel leggere queste poesie, il lettore è catapultato fuori, nel mondo, nell’esperienza, eppure, nello stesso tempo, è il silenzio e lo stare fermi che ridonano il giusto peso alla parola poetica.
Un fuori letterario che trovo interessantissimo.