Conoscere una parola in grado di descrivere qualcosa permette di accorgersi della cosa stessa, per questo è molto affascinante studiare il lessico di culture diversa dalla nostra, perché fa emergere quali siano le priorità di un popolo, quali siano i centri di interesse di chi guarda il mondo. A cosa mi interessa poter dare un nome?
Ho sempre trovato molto interessanti e stimolanti i libri dedicati alla traduzione di parole che esistono esclusivamente in una lingua (ne ho parlato qui), così come le raccolte di modi di dire (ne ho parlato qui e qui) che rivelano come il sostrato culturale si intrecci alla letteratura, al folklore e alla storia di ogni popolo.
In questi giorni arriva gli scaffali un libro simile, che mette al centro le esperienze che l’uomo fa con la natura e gli esseri viventi: Biofilia di Cathy Eliot.
Il libro, di dimensioni quadrate, rivela in ogni doppia pagina una parola straniera, lasciando che le immagini possano suggerirci una consonanza, anche fonica magari (!), con l’immagine, attraverso poi il movimento di sollevamento di una aletta, delle dimensioni della pagina stessa, i riquadri si moltiplicano a mostrare un scorcio più ampio, sul quale l’autrice ci offre la traduzione della parola unita a una sorta di declinazione-invito della stessa (a mio avviso assolutamente superfluo!).
«Waldeinsamkeit»
«Stare da soli in un bosco. Contempliamo quieti ciò che ci circonda»
A quale livello e in che modo ogni cultura si sintonizza con la vita naturale da cui è circondata? Che cosa nota? Che cosa reputa importante vedere? Credo che questo libro offra alcuni sguardi significativi sulla quotidianità.
Gli italiani hanno pensato ad un parola che suggerisce il riposo all’ombra, mentre il sole batte forte in estate (meriggiare), gli scozzesi hanno un nome per il rumore della neve quando scricchiola (crump), gli islandesi nominano in modo preciso il tempo che «è bello godersi stando in casa» (gluggavedur).
14 parole per 9 Paesi e altrettanti sguardi sul tempo e la vita naturale che muta e sugli uomini che la vivono.
Le illustrazioni seguono un ideale scansione stagionale, partendo dall’autunno e arrivando alla fine dell’estate. Gli acquerelli dell’artista inglese ritraggono scorci naturali immacolati, ma anche piccole scene di vita, di giochi e di riposo che cercano di raccontare le diverse esperienze racchiuse nel seme (nel significato) della singola parola.
Il libro si rivolge - a mio avviso - prevalentemente a un pubblico di adulti, sensibile sia al tema linguistico e a quello dello sguardo naturale, ma non escludo che le belle illustrazioni e le parole impronunciabili, come «friluftsliv», possano conquistare anche lettori più piccoli.