Dolce come un cetriolino lindo come un maialino è una raccolta di poesie dell’autrice americana Carson McCullers.
La scrittrice americana, famosa per i suoi romanzi che hanno aperto uno scorcio sulla vita (trascurabile?) di persone ai margini della società, nella provincia americana, scrive quest’unica raccolta poetica dedicata ai bambini, trasferendo il suo sguardo sulle carabattole, gli oggetti e gli eventi, considerati trascurabili da tutti (gli adulti).
La McCullers ha avuto una vita dura, segnata da lutti, tragedie e malattie che certo hanno affaticato la sua esistenza, tuttavia in questa raccolta germoglia una felicità primigenia, spensierata, piccola, ma vera.
Il fatto che non avesse figli e che probabilmente non coltivasse neanche particolari rapporti con l’infanzia testimonia come il sapersi rivolgere ai bambini non sia legato a una loro frequentazione né al desiderio di consegnare loro chissà quali insegnamenti, ma alla capacità di recuperare il loro sguardo sul mondo.
Questa raccolta poetica, infatti, brilla per la semplicità con cui la poetessa ha imbrigliato nelle sue parole piccoli episodi felici, di cui probabilmente era stata protagonista: fiere di paese, la ricerca delle uova pasquali in giardino, cani che rubano il cibo, “dolcetto o scherzetto”, pestoni sui piedi…
Piccole storie di attimi che sbrilluccicano come le “stelle filanti” che i bambini a capodanno tengono in mano, godendosi lo sfrigolare delle luci per qualche secondo.
«Alla fiera d’ottobre
gente da ogni dove
viene la città intera
in ottobre alla fiera.
Mangia pane e salsicciotti
e cremosi sorbetti
Si cavalca con gran lena,
si va in ruota e in altalena.
E spendi non poco per stare allegro e lieto
Alla fiera.
Alla fiera.
In pomeriggi di ozio
e notti di equinozio
mangiamo insieme, e cavalchiamo ancora
in ottobre alla fiera»
A questi testi narrativi si alternano poesie che guardano e ascoltano le grandi domande dei bambini: perché mercoledì (weDnesday) si scrive con una “d” che storpia tutto? Perché l’aria non si vede?
«Più alto degli alberi è il cielo, lo so
lo so che è più alto di un aereo
ma poi di notte ci sono le stelle -
mi chiedo chi è più alto:
questo o quelle?»
La ripetizione di parole, ma anche di interi segmenti del testo a mo’ di ritornello, si modella sull’andamento del parlare bambino, ma mostra anche la capacità metamorfica delle parole che nella ripetizione a volte si ribadiscono, ma altre volte invece mostrano accenti diversi, creando un filo sottile di echi che determinano un movimento all’interno del testo poetico.
Sono poesie delle cose, dove le parole destano immediatamente il ricordo vivido di un’esperienza, sono poesie di salsicciotti, di sorbetti, di altalene, di alberi, di rose, di scimmiotti, di giraffe di peluches, di pantofole, di pizza, di torta zuccherata… ma ancora sono poesie di grandi emozioni dove la paura scompare se c’è il papà, e ci si fanno domande sul niente, sul nessuno, sul dappertutto.
«Oggi a ricreazione per sfidarmi Giò mi ha detto:
“Tu non ci andresti sulla Luna, ci scommetto”.
E mentre pensavo a una soluzione, mi ha dato del fifone.
Io pensavo solo che se va prima papà,
io non avrei paura di volare fin là»
In una apparente inconsapevolezza di rivolgersi ai bambini, ma col desiderio di ricordare fatti e domande grandi che hanno segnato la propria infanzia, la McCullers confeziona una raccolta poetica molto bella, ariosa e tintinnante.
«Ho visto le montagne
il mare e le sue sponde
ho visto tante tante cose al mondo;
ho visto le lucciole nel buio aprirsi un varco
ho visto pure Yellowstone, il parco.
Ma c'è una cosa che nessuno ha mai
visto, e io lo giurerei
né io, né nessun altro, ha visto l’aria, sai»
P.S. un plauso alla traduzione di Ilaria Rigoli!