Potete immaginare una metafora più calzante ed appropriata di quella del cammino per raccontare la scuola? Io no. Infatti, per festeggiare e per augurare un passo baldanzoso e spedito a tutti gli alunni, bambini e ragazzi che oggi varcano le porte della scuola per un altro anno, ho scelto di recensire la raccolta poetica di Carlo Marconi: Poesie del camminare.
La raccolta è molto interessante, perché declina in 28 poesie tutti gli aspetti del passo e del camminare.
Il camminare è un atto semplicissimo e nello stesso tempo una metafora vigorosa della vita, a qualsiasi età.
«I passi sono segni di matita,
immagini riflesse contro il muro:
raccontano le storie della vita,
annunciano le trame del futuro.
I passi sono impronte sul sentiero,
ritratti profumati di mistero»
Quante sono le sfumature del cammino e di chi cammina! C’è chi cammina guardando indietro, c’è chi cammina più veloce di te, c’è chi è costretto a camminare al chiuso e vuole uscire fuori, c’è chi cammina giusto per fare, c’è chi cammina per arrivare a scoprire… L’esito, consapevole o meno, è che a fine giornata, si è compiuto un altro pezzo di cammino.
«Riprendere il cammino fa partenza:
le imprese sono fatte di pazienza»
I passi possono essere spensierati, affrettati, stanchi, circospetti, curiosi, tenaci, sognanti…
«C’è chi cammina allegro e spensierato,
chi chiude la borraccia e si disseta,
chi fa una sosta per riprender fiato,
chi si scoraggia prima della meta»
Queste poesie li raccontano tutti, pescando a piene mani da tutto ciò che riguarda il camminare letterario (ci sono Dante, Cappuccetto Rosso, il basilisco…), ma focalizzandosi sull’esperienza del bambino e sui suoi passi.
In questo modo l’esperienza del bambino emerge come preziosa e importante in tutte le sue sfumature: c’è il gioco della campana, le pozzanghere, le impronte sulla sabbia, le rondini, gli aquiloni, i boschi, le paure, ci sono anche gli adulti accudenti con mani e piedi capaci di farsi compagni ai bambini che camminano, c’è anche tantissima scuola che testimonia con schiettezza, senza celarla, la professione e la vocazione dell’autore, maestro di scuola primaria.
Le poesie mostrano una struttura ricorrente a dieci versi (fatta di due quartine e un distico) a rime alternate o baciate.
Il punto di vista cambia: ci sono testi in prima persona che sembrano dare voce al bambino stesso, altri testi dove invece è un “tu” a raccontarsi all’interlocutore bambino o ancora altri dove la terza persona mantiene il discorso esterno.
La bellezza di questi testi e ciò che li rende molto armonici è sicuramente la capacità della voce narrante di rimanere sempre schietta, leale, rispettosa. Il lessico è scelto, ma non complesso; le rime accompagnano con un andamento prevedibile, molto rassicurante; la struttura retorica declina concetti complessi in immagini familiari: in questo modo i bambini riescono a leggersi in questi testi, perché la loro vita è raccontata con complicità e acutezza.
Perfetta la scelta illustrativa di Serena Viola che dà ancora una volta prova di riuscire ad entrare nei testi poetici con rispetto e intelligenza: il bambino con il cappuccio rosso, che attraversa le pagine, ribadisce il forte legame del corpus e contemporaneamente la possibilità di mille situazioni.
Una bella raccolta dai 6 anni.
«Ancora non lo sai, ma sul tuo viso
c’è il candido stupore del creato,
[…]
E nei tuoi piedi, ancora non lo sai,
ci sono tutti i passi che farai»
P.S. Non posso non indicare di aver trovato una poesia profondamente dissonante in questo corpus, poesia che mi è parsa smentire la sensazione armonica dove il bambino e l’adulto si pongono accanto. Il testo Staffetta partigiana marca una distanza storica ed esperienziale forzata tra l’esperienza dei bambini e l’adulto, è un testo ben lontano dalla comprensione infantile e, a differenza di tutte le altre poesie, crea smarrimento e chiede una interpretazione adulta, per non rimanere slogan:
«parti con la certezza che mentire
non è un oltraggio alla tua onestà
perché qualche bugia si può anche dire
se ci si batte per la libertà»