Carl Norac, autore belga francofono, riesce a mio avviso nella dimensione della poesia, svincolata dalla necessità di consegnare un messaggio, a mostrare il suo volto più interessante. Ne è esempio fulgente Il tuo nido, il mondo, una raccolta di poesie nella traduzione di Silvia Vecchini e con le illustrazioni di Anne Herbauts.
Questa raccolta poetica sembra accogliere tanti piccoli istanti di giochi, di risate, di momenti della quotidianità che si intrecciano attraverso le parole del poeta con un mondo naturale limpido e ugualmente gioioso.
«Scherzo con le onde nella pozza come una lontra, e allora?
Faccio rimbalzi di lontra mentre leggo una mia poesia, e allora?
Il pomeriggio volge al termine e sono lontra.
Poi, ecco, ti confido un altro segreto:
quando uno spicchio nel cielo appare con la notte
per un minuto circa, io sono luna.»
«Quando ridi tu, sorridono anche gli uccelli,
persino le aquile, e quanto agli avvoltoi,
per educazione voltano le spalle
per non mostrare il loro becco»
Le parole sembrano giocare nelle poesie, spostandosi di posto o facendo capolino in modo inaspettato all’interno di un dettato poetico che sembra orientato in una certa direzione e che svolta (proprio come nell’etimologia di “verso”), da un’altra parte un modo stupefacente.
«per nuotare, meni vagamente,
verso l’acqua più profonda delle cose»
Spesso è l’uso degli enjambement a sottolineare questa piccola dissintonia che ci guardare proprio quella parola, a volte invece sono le immagini e i sensi a mischiarsi in sorprendenti sinestesie.
«dillo a papà, conto di tornare
a pranzo, del resto sono ancora affamato
di spazi sconfinati»
«al terzo ritornello, i suoi occhi
cambiano colore per un momento,
color farfalla, come se d’un tratto
le ciglia di Cecilia fossero sul punto di volare»
C’è tanto riso in queste poesie, tanti uccelli diversi che volano o che posano in file disordinate sui fili tesi nel cielo, tanti sussurri e segreti bisbigliati negli ultimi versi, tanti giochi, tanta poesia, tanti libri, tanti piccoli animaletti che fanno le loro cose, tante parole uniche che si caricano di magia, come quando si intrecciano tutti i sinonimi inuit per descrivere la neve nelle sue sfumature…
Questa raccolta riesce a ricordarci che la poesia è prassi, è fare, è guardare, è essere capaci di essere felici, di nominare le cose, di pizzicare l'incanto e guardarlo ballare.
«Bisogna essere poeti per qualcosa
nella vita:
allora diciamo che io sono quello che scrive
per far divertire la notte»
Sono poesie per bambini? Assolutamente sì. Le poesie sono puntellate di “io”, di “mio” e di “noi” e questo soggetto, la voce del poeta, condivide con i bambini la dimensione del desiderio di felicità con limpidezza.
Il ritratto del bambino che emerge è quello di un bambino vivo, in moto perenne, in una dimensione che lo fa essere lontra, uccello, elefante, che lo fa compagno di conigli, volpi e chiocciole… e che sa essere «affamato di spazi sconfinati».
Le immagini di Anne Herbauts sono misteriose e affascinanti nella loro accogliente sfuggevolezza: vi sono accostamenti che lasciano interdetti così come fanno le parole, merli con sciarpe in bocca, elefanti che fanno la doccia a persone, volpi che scappano nella foresta con libri in bocca, formiche su camion di pompieri e poi tantissimi uccelli cincie, passeri, merli, rondini… un fiume di animaletti e di uccelli che abita con naturalezza tra le pagine come se fosse insensibile agli occhi dei lettori che li guardano.
Silvia Vecchini riesce con capacità sbalorditiva a entrare in sintonia con il testo, forse accomunata da uno sguardo simile sul mondo, e il testo scorre sulla lingua e nelle orecchie cristallino ed effervescente.
«“Non chiudere subito il libro,
amo tanto i tuoi occhi che mi tengono compagnia”»
Una raccolta poetica che non potete farvi sfuggire.