Il giardino di Evan è un libro luminosissimo come mi immagino certi cieli americani in estate sulla vastità dei campi dove l’orizzonte e la luce sono abbaglianti. Evan è una volpe, ma è anche un agricoltore che nella sua salopette di jeans e con i suoi stivali (debitamente adattati alle zampe di volpe!) lavora nel suo giardino, va a fare le commissioni con il suo pick-up rosso e si accompagna, giorno dopo giorno, al suo cane. Una vita semplice fatta di fiere agricole e risate con gli amici, camice di flanella a quadretti e ravanelli e fagiolini da raccogliere in quantità. Il giardino di Evan sembra uno specchio della felicità semplice di questa vita:
«Qualunque cosa vi piantassero cresceva grande e bellissima come il cielo sopra di loro»
«Ma un giorno accadde l’impensabile»
Senza preavviso, senza quasi che il lettore abbia avuto il tempo di realizzare quel che è successo il cane muore. Non sappiamo neanche il nome di quel muso allegro, quasi che fino a quel momento fosse stato un dettaglio trascurabile di una vita piena di tanto altro, invece per Evan quella morte cambia tutto.
Nella rabbia e nella disperazione di aver perduto uno dei suoi più cari amici fa a pezzi il suo giardino e lascia che le erbacce lo invadano e ne prendano possesso: ogni fiore viene zappato via, bruciato, eradicato. Tuttavia il tralcio di zucca che si insinua sotto lo steccato ha un aspetto così sgradevole che la zappa gli viene risparmiata e quella zucca, forse felice di essere sopravvissuta, si impegna a crescere!
«La pianta rispose alle sue cure»
Eccome! Così «nel periodo in cui l’aria della sera iniziava a rinfrescare» ad Evan sembrò quasi un peccato non portare quella gigantesca zucca alla fiera.
Gli amici, l’aria di festa, la gioia tranquilla delle chiacchierate spensierate, le mele caramellate e lo vociare spensierato della volpine… «era bello uscire di nuovo anche se non era esattamente la stessa cosa».
La zucca di Evan non vince il concorso, ma arriva terza: «“In premio ci sono dieci dollari oppure uno dei cuccioli in quella scatola” disse il giudice. “Prenderò i dieci dollari” decise Evan»
Davvero? Cosa credete che Evan abbia fatto alla fine?
La storia della perdita di un amico a quattro zampe si trasforma in una metafora sul dolore e la rabbia, naturale, che nasce nel cuore di tutti e su come questi possano essere compresi e trasformati in qualcosa di nuovo, bello e inaspettato, se accettiamo di prenderci cura di ciò che ci “rimane”.
Una storia che si realizza in immagini belle, ricche, travolgenti, iperrealiste e molto cinematografiche che giustificano i riconoscimenti che l’autore ha ricevuto nel mondo. L’uso del bianco ha qualcosa di straordinario e abbagliante, così come i punti di vista vertiginosi che cambiano costantemente e donano alla narrazione una tridimensionalità che avvince il lettore.
Non ingabbiamo questo libro sotto l’etichetta del “libro per la perdita di un animale”, ma godiamoci le sue pagine, i suoi scorci, i suoi cieli, le sue piante, le sue zucche…
Dai 4 anni.