Alessia Carli, «fabbricante di immagini», per Balena Gobba firma un albo illustrato dedicato alla grande poetessa Alda Merini, e lo fa cercando di dipanare una delle frasi più sintetiche e perturbanti che la poetessa usò per descriversi:
«mi sveglio sempre in forma e mi deformo attraverso gli altri»
La vicenda umana della Merini per anni chiusa in un ospedale psichiatrico e il vigore luminoso della sua poesia si intrecciano, evidenziando come l’esperienza poetica della scrittura abbia rappresentato una delle più importanti risorse di questa voce. Un corpo pesante e ferito, sempre presente nella consapevolezza dell’autrice, che si libera e ritrova se stesso nei versi, aldilà di ogni ferita che il mondo esteriore ed interiore le infliggeva.
I disegni di Alessia Carli partono da ritratti fedeli della poetessa ma si trasformano oniricamente in altro, come a cercare di stare al passo con il moto incessante che abitava nel cuore, nella mente e nel corpo di questa artista.
Il testo scritto è sintetico e coglie il passaggio di consapevolezza della Merini:
«La pazzia la visitava due volte al giorno. Il manicomio era una casa bianca e lei ne uscì per un miracolo personale. Tornò al Naviglio furibonda com un’ape. Fu allora che capì! Erano gli occhi il problema; “La veduta dipende dallo sguardo” pensò. […] Alda Giuseppina Angela Merini stanca di ripetersi che era pazza e stanca di sentirsi inventare prese allora la sua macchina da scrivere e con le dita intrecciate alla collana di perle di fiume che portava sempre al collo, si mise a comporre versi. Scrisse della sua carne di legno e del cuore sempreverde, scrisse un adagio per polmone e milza, scrisse del suo colon ustionato dai versi e della pelle bianca dei poeti e chiese ai suoi occhi che imparassero a vederla in forma»
La sensibilità di questa donna si scontra con la consapevolezza di una costante usura del proprio corpo che avviene nel semplice contatto con la realtà, che se rimane inconsapevole alla coscienza dei più, non può invece non deformare e ferire le menti più acute e sensibili.
Le doglie della presa di coscienza del proprio essere culminano e si placano nell’incontro con la poesia.
Un albo intenso sull’ispirazione e la forza della poesia che, come dice la sua stessa etimologia (da ποιέω ‘fare’) permise alla Merini così come ai poeti di sentire (dolorosamente) di più, di fare di più, di vedere di più.
Altro piglio e altra forma narrativa è quella che ritroviamo nel graphic novel di Alice Milani dedicato a Wisława Szymborska, Wisława Szymborska si dà il caso che io sia qui, che appartiene alla più ampia collana delle biografie di uomini e donne illustri.
A differenza di altre biografie dove un certo puntiglioso piglio documentario si trasforma in cronache di ogni passaggio della vita del protagonista, la collana di Becco Giallo, nasce, a mio avviso, con un diverso obiettivo, ovvero quello di raccontare chi c’è dietro grandi opere o eventi storici, senza che la narrazione diventi necessariamente un testo informativo.
Che vita c’è dietro le poesie eterne della Szymborska, premio Nobel nel 1966?
In una dialettica interessante tra “sfocato” e “a fuoco” Alice Milani ci conduce dentro la vita di questa grande poetessa a partire da un episodio significativo, ma certo già ad un certo punto della sua vita: la storia si apre infatti nel giorno del suo matrimonio (nel 1948) quando insieme al compagno Adam Włodek si trasferisce nella Casa dei Letterati a Cracovia.
Gli acquerelli e lo stile illustrativo di Alice Milani sono pittorici e sfocati e, all’inizio, quasi urtano, perché il lettore ha come l’impressione di non riuscire a mettere a fuoco, neanche a vedere il volto della protagonista. Tuttavia in questa impressione diffusa di sfocatura emergono nitide le parole di molte poesie della Szymborska che intervallano e quasi fermano i dialoghi che animano questa narrazione.
Non ci sono, infatti, didascalie in questo fumetto: gli episodi si avvicendano, affidandosi completamente al discorso diretto e alla narrazione in prima persona.
Piccoli quadri animati prendono vita, muovendosi dalla prima notte di nozze trascorsa senza un letto, agli incontri con gli altri letterati e poeti polacchi, dall’ottenuto posto come direttrice della sezione poetica di un importante quotidiano al licenziamento per motivi politici, dall’utopia di Solidarność al grande amore con Kornel Filipowicz fino al premio Nobel.
Tutto appare come un sogno che scorre veloce e impalpabile, lasciando tuttavia delle tracce limpide e nette: sono le poesie, i cui versi si spezzano tra le diverse pagine chiedendo ai lettori delle pause forzate per godere di ogni singola parola.
«Non gravate della memoria di nulla,
si librano senza sforzo sui fatti.Ma quali testimoni di alcunché –
si disperdono all’istante da tutte le parti.In confronto alle nuvole
la vita sembra solida,
pressoché duratura e quasi eterna.Di fronte alle nuvole
perfino un sasso sembra un fratello
su cui si può contare,
loro invece sono solo cugine lontane e volubili.Gli uomini esistano pure, se vogliono,
e poi uno dopo l’altro muoiano,loro, le nuvole,
non hanno niente a che vedere
con tutta questa faccenda
molto strana.Al di sopra di tutta la tua vita
e della mia, ancora incompleta,
sfilano fastose così come già sfilavano»
Una geografia dei testi citati è ricostruita in appendice e mostra come, parallelamente a una cronologia biografica, vi è un’evoluzione di temi e modi che si travasano dall’opera alla vita.
La storia si legge scorrevolmente e si rimane spesso abbacinati dalle doppie pagine acquarellate che offrono scorci rubati alla vista della poetessa e che invitano lo sguardo a rimirare.
Anche questa biografia illustrata offre la testimonianza che, aldilà di una qualità e di una bellezza oggettive che vivono nelle opere dei grandi autori, una certa consapevolezza della loro vita offre scorci di profondità inediti che permettono di apprezzare il valore delle parole in modo più approfondito e personale.