In questi giorni, in cui il rigido freddo invernale è calato anche in pianura Padana, ci dedicheremo su Scaffale Basso ad alcune recensioni che raccontano l’inverno.
Partiamo oggi con una storia apparentemente semplice, scritta nel 1949 e vincitrice della Caldecott Medal, riconoscimento importantissimo nel panorama anglofono, ma non solo: The big snow.
Leggere questo testo è permettersi l’esperienza di fare un salto indietro nel tempo. Abituati a libri che cercano i “fuochi d’artificio” che si agitano in fastidiosa euforia costante… mi ha colpito come questo premiatissimo libro, ancora edito nonostante i suoi 75 anni, non racconti altro se non l’attesa e la vita degli animali di un bosco, ai confini con il centro abitato, durante l’inverno.
Figlio di un tempo e di una storia precisi che si intrecciano al desiderio degli Hader, marito e moglie, di allontanarsi da New York per ritrovare la serenità in una piccola città nella contea rurale di Rockland, sulla riva occidentale del fiume Hudson, questo libro parla di una vita al confine con la natura e alla natura, nella sua fauna, dà voce.
E infatti, nonostante li separino più di vent’anni, ho ritrovato in questo libro illustrato, che concede molto spazio alla scrittura, un tono di voce che ricorda molto il capolavoro di Felix Salten, Bambi, dove proprio agli animali era affidata la narrazione.
Tutto si apre con un segnale, un vocìo insistente («“Honk-honk-honk”), un’irrequietezza che si traduce in un volo deciso e improvviso: le oche canadesi partono per raggiungere il nuovo Messico dove sverneranno.
Per gli animali che abitano il bosco è un segnale, una sorta di bollettino meteo che comunica,, senza ombra di dubbio che qualcosa sta per cambiare.
Le reazioni a questo evento sono affidate alle voci di tutti gli abitanti del bosco:
«“You know what that means," said Mrs. Cottontail. The littlest rabbit shook his head. He couldn’t speak because his mouth was full of carrot tops. He didn’t know why the geese were flying south. This was the first time he had seen them. “That means that the cold winter days are near and you will be needing a warm coat,” said Mrs. Cottontail. “Eat plenty of cabbage leaves and carrot tops and you will have a thick coat for the winter.” The littlest rabbit nibbled another tender carrot top»
[“Sai cosa significa”, disse la signora Cottontail. Il coniglietto scosse la testa. Non poteva parlare perché aveva la bocca piena di cime di carota. Non sapeva perché le oche volassero verso sud. Questa era la prima volta che li vedeva. “Significa che le fredde giornate invernali sono vicine e avrai bisogno di un cappotto caldo”, disse la signora Cottontail. “Mangia molte foglie di cavolo e cime di carota e avrai un pelo folto per l’inverno.” Il coniglietto sgranocchiò un’altra tenera carota]
Le immagini mantengono nella parte alta della pagina lo scorrere disordinato e rumoroso dello stormo di oche che fende il cielo deciso e insensibile a quanto accade a terra. In basso, in primo piano, i diversi animali, ritratti da vicino con uno stile estremamente fotografico, guardano spersi l’orizzonte o vociano tra di loro in dialoghi che la narrazione esplicita.
Ognuno ha la sua strategia per sopravvivere all’inverno: la marmotta prepara il suo nido caldo sotto terra, lo scoiattolo americano controlla di aver stoccato in diversi luoghi le nocciole e il cibo che gli serviranno quando si sveglierà durante l’inverno, i passeri non hanno paura perché sono certi di trovare sempre qualche semino che li nutrirà così come il pettirosso e i fagiani si riempiono la pancia certi che anche quest’anno sopravviveranno al freddo.
«High on the hill a brown wood rat stopped to look at the geese. "Hey-hey," he squeaked, "there they go." He knew cold weather was coming and he had carried seeds and nuts to his nest under a big rock. The ring-necked pheasants, roaming through the woodland, only stared at him. They never thought of leaving their home for the south. There was plenty of food for them on the hill and they didn't mind the cold»
[In alto sulla collina un marrone topo del legno si fermò a guardare le oche. “Ehi-ehi,” squittì, “eccole qua.” Sapeva che stava arrivando il freddo e aveva portato semi e noci nel suo nido sotto una grande roccia. I fagiani dal collo ad anello, che vagavano per i boschi, si limitavano a fissarlo. Non avevano mai pensato di lasciare la loro casa per il sud. C’era cibo in abbondanza per loro sulla collina e non temevano il freddo]
Cornacchie, ghiandaie, scoiattoli bruni, scoiattoli grigi, scoiattoli americani, topini di campagna, topi muschiati… ogni piccola creatura racconta come si sta preparando all’inverno e così anche i mammiferi più grandi come i cervi, le puzzole e i procioni.
«Shy, white-tailed deer browsed in the woods that covered the ridge at the top of the hill. Their coats were already thick and warm. Some of the deer saw the flying geese but they never thought of leaving their woodland home where there was food for all, growing so plentifully»
[I timidi cervi dalla coda bianca brucavano nei boschi che coprivano il crinale in cima alla collina. I loro manti erano già spessi e caldi. Alcuni cervi videro le oche volare ma non pensarono mai di lasciare la loro casa nel bosco dove c’era cibo per tutti, che cresceva così abbondantemente]
I discorsi in prima persona, così come la narrazione onnisciente in terza persona non fanno altro che vagare per bosco raccontandoci pensieri e preparativi. E poi l’inverno arriva.
C’è chi gioca, chi si diverte, chi si quieta, chi non viene toccato dall’euforia nel caldo ovattato del proprio letargo. I gufi, però, che ricoprono sempre il ruolo di grandi saggi, preannunciano che il peggio deve arrivare: i cerchi arcobaleno intorno alla luna preannunciano un freddo inaspettato, una «big snow». Una grande nevicata che scombina un po’ i piani di chi pensava di trascorrere tranquillamente l’inverno… ma due personaggi umani, che tanto ricordano Berta ed Elmer nella loro casa al limitare del bosco, si ricordano della vita poco lontana da loro e sapranno come soccorrere tutti, almeno un poco.
Niente di speciale, insomma, in questa storia, eppure il fascino di un’attesa naturale e di una vita lenta, quieta e pacifica ha qualcosa di assolutamente inaspettato nel panorama editoriale attuale.
Le immagini che alternano illustrazioni a colori e in bianco e nero - tipiche dei primi libri illustrati che per essere accessibili cercavano di risparmiare sulla stampa a colori - hanno un fascino silenzioso, perché il bianco della neve quasi ci fa dimenticare questo aspetto. Un libro d’altri tempi, sicuramente, come forse non siamo più abituati ad ascoltare e a guardare. Per me una sorpresa.