Certe volte le storie sono ambientate in periodo natalizio, ma sono belle storie che funzionerebbero in qualsiasi momento dell’anno fossero ambientate. È il caso di questa coppia di albi freschi di stampa: L’albero di Natale del signor Vitale di Robert Barry e Fiocco di neve di Benji Davies.
La prima è una storia salvata dal dimenticatoio dall’editore Marameo che pesca la storia dell’artista Robert Barry direttamente dal 1963 e ne affida l’arguto testo alla cura di Chiara Carminati che riesce a rendere brillante e coinvolgente un testo in rima con più di 60 anni.
L’allegra vicenda si apre ben prima del frontespizio con un montanaro dal piglio entusiasta che chiama rinforzi da sotto la dedica, accanto ad un abete appena abbattuto. L’albero incomincia il suo viaggio su e giù dalle montagne (disegnate come le disegnerei io con una linea ondulata :)), fino a giungere alla sontuosa villa del signor Vitale:
«Un bel mattino l’abete di Natale / giunse nel giardino del signor Vitale. / Era un esemplare davvero prodigioso: / robusto e verde acceso, enorme e rigoglioso»
Le figurine che animano le pagine hanno un piglio fumettistico, dato da espressioni corporee chiare e marcate e da stereotipi esilaranti: il boscaiolo dalla camicia a scacchi e il cappello con i paraorecchie solleva con facilità l’albero con le sole mani (!); per non parlare delle dimensioni dell’albero che appena accomodato nel salone decuplica le sue dimensioni (!!).
Il vecchio abbiente signor Vitale non sta nella pelle.
«“La prego, venga avanti, poi giri verso destra. / Il luogo più opportuno è accanto alla finestra”».
Ma ecco che appena l’albero è ben disposto nel suo vaso, tra le pesanti tende chilometriche che introducono nel salone: orrore!! L’abete tocca il soffitto in modo sgraziato!
«… anzi si curvava, come in un inchino: / “Perdinci! Qui dobbiamo tagliare un pezzettino!”»
Detto fatto. Il panciuto maggiordomo procede con decisione con un’accetta.
«Posò la cime verde su un piatto madreperla / e il maggiordomo disse: “So io a chi regalarla!”».
La punta spuntata diventa il dono per l’amorevole cameriera. Ma, orrore! Nel tinello delle camere di servizio la punta tocca dispettosamente il soffitto.
«E con un colpo netto di forbice affilata / tagliò la punta all’albero cantando spensierata».
Il meccanismo narrativo è innescato. Da questo momento la punta sarà tagliata, accorciata, tranciata… (Chiara Carminati è ricchissima nel suo immaginario lessicale!), passando da un personaggio ad un altro, sempre più piccola. Il giardiniere, l’orso, la volpe, i conigli, e infine i topini. In ogni tappa ci accoglie una stanza calda in una casa diversa: il caminetto, la calze pronte per i doni, la sedia a dondolo e il tappeto decorato, le candele e la lanterna accesa sull’uscio… Ogni nucleo familiare accoglie una piccola scheggia di quest’albero generoso che sembra rigenerarsi dopo ogni sfoltita, diventando perfetto per ciascuno. L’allegria che avrebbe potuto essere contenuta nel solo austero salone del signor Vitale si moltiplica, accendendo di euforia tante case. Le rime di Chiara Carminati riescono a mantenere il senso rassicurante della ripetizione e la sorpresa della varietà: nessuna scena è uguale a se stessa! I lettori (dai 3 anni!) si lasciano accompagnare dall’arguzia delle situazioni e delle rime, perfette.
Il tratto di Robert Barry è trasparente, divertente, ricco nelle descrizioni e nell’azione.
Dove finirà il nostro viaggio?!
«E che soddisfazione, avere per Natale / un albero stupendo, come il signor Vitale!»
Il cerchio è chiuso, il Natale raggiunge tutti dai più grandi ai più piccoli.
Riparte da una punta spuntata di un abete – neanche a farlo apposta – Fiocco di neve, l’ultimo libro di Benji Davies. Le atmosfere di questo albo sono davvero magiche e malinconiche. In un’ambientazione prevalentemente serale, in cui i tramonti innamorano con i loro rosa e gli arancioni che dialogano con i grigi, i giochi di luce che Benji Davies sa donare alle sue tavole brillano di calore ed emozione. Il destino di Noelle (notate anche il nome!) e di un fiocco di neve si intrecciano in una sera d’inverno. Il fiocchetto bianco e ricamato nel gelo metallico del cielo vagola (che scelta lessicale superba!) alla ricerca del suo posto, impaurito e spaurito viene spinto da un vento dispettoso che non gli dà mai posa.
In basso in una piccola città, Noelle, il suo nonno e il loro cagnolino, si riempiono gli occhi tra le vetrine illuminate a festa e le luminarie colorate dei vicoli gelati ed umidi. Serpeggia un po’ di malinconia tra i passi incantati della coppia infreddolita:
«Noelle desiderava un albero proprio come quello. “Forse il prossimo anno”, disse Nonnino».
Noelle e il suo nonno abitano in una casetta in periferia che ricorda molto la catapecchia di Charlie Bucket, e proprio come ne La fabbrica di cioccolato avviene un imprevisto che sbaraglia le circostanze. Noelle trova per terra un ramo o una punta spuntata di un abete – magari uno di quelli sontuosamente decorati nelle villette del quartiere.
«“Il mio piccolo albero!” esclamò»
Arrivati a casa, decorare l’albero è una festa: ritagli di carta, vecchie palline.
«Noelle mise l’albero fuori, dove poteva vederlo bene. Sperava che i suoi ramoscelli potessero essere presto ricoperti di neve vera. Ma mentre stava andando a letto, Noelle sentì che al suo albero mancava qualcosa. Qualcosa di importante. Non sapeva bene cosa».
Cosa accadrà dall’incontro tra il fiocco di neve e la piccola Noelle?
«“Ce l’ho fatta!” disse il fiocco di neve. “Ho trovato un modo per smettere di cadere”. E si sentì molto felice».
Questa storia è piena di gioia, ma non di quella a senso unico, è una felicità capace di convivere con dolori più o meno intuiti (dov’è il papà, per esempio?) o fatiche di una vita vicina alla realtà, eppure la meraviglia, l’affetto, la speranza, la letizia abitano, anzi brillano in questa casetta un po’ diroccata.