Il team di illustratori e sceneggiatori che ha guidato Avatar al di fuori degli schermi, capeggiato da Gene Luen Yang, lascia il progetto e, dopo il saluto formale del quinto volume, la storia viene affidata ad un nuovo team, che cerca di non tradire i personaggi e la trama già costruita e di mantenere l’alto livello di coinvolgimento dei suoi lettori che è stata la grande scommessa di chi ha voluto tirare fuori dallo schermo questi personaggi.
In effetti il capitolo Squilibrio si muove circospetto, attentissimo a riprendere i fili narrativi dei volumi precedenti - che Gene Luen Yang aveva saputo tre orchestrare con grande maestria - e si mantiene con precauzione all’interno del già saputo.
La storia evolve secondo anticipazioni che forse era prevedibile immaginare dopo la conclusione del volume precedente e non si spinge molto oltre, come se volesse presentarsi (intelligentemente) ai suoi lettori.
Tutti i motivi chiave che abbiamo amato e ci hanno colpito tornano: il modo corale di affrontare i problemi, il contributo e il piglio unico di ogni personaggio, l’equilibrio tra riflessioni e azione…
In questo volume (Squilibrio) Aang e i suoi amici, dopo aver abbandonato la Tribù dell’Acqua del Sud, stanno tornando a Yu Dao, quando decidono di fermarsi alla Città dei Gru-pesce - che abbiamo già incontrato nel terzo volume e che ci aveva dato modo di riflettere su cosa significhi innovarsi -, dove si trovano le industrie della Terra e del Fuoco. Il gruppo di amici si trova a dover risolvere un problema inaspettato, ma forse prevedibile, cioè la contrapposizione tra dominatori e persone non posseggono il dono del domino degli elementi. Gli screzi si tramutano in boicottaggi e la città vede le fazioni fronteggiarsi in qualcosa che assomiglia molto ad una guerra civile.
Essere capaci di dominare la natura in uno dei suoi elementi crea una disparità che può far immaginare una scala di valore delle persone: chi ha dei poteri sovrannaturali è superiore a chi non ne ha? (Pensate a quante pagine sono state scritte sul tema anche per Harry Potter…)
La storia è comunque improntata all’avventura e Aang, Sokka, Toph e Katara dovranno svelare piani segreti, smascherare doppi giochi e riflettere in prima persona sul valore di ognuno e sulla propria identità: privare del potere è una soluzione per eliminare la violenza, ma a quale prezzo? Toph e la sua impulsività non si tireranno indietro davanti a niente, le battute di Sokka non falliranno nel farvi ridere, Aang e Katara assicureranno che tutto vada a buon fine.
A livello illustrativo nonostante i personaggi siano sostanzialmente riprodotti con esattezza e fedeltà si nota una differenza di tratto inevitabile a cui dobbiamo abituarci. Lo spazio in cui lo scarto è più evidente è il contesto (i secondi e i terzi piani) che mostra un utilizzo di sfondi neutri che non apparivano così numerosi nei volumi precedenti, finemente tratteggiati in architetture e paesaggi.
Un volume credibile, fedele alla storia e all’universo Avatar che è ancora difficile valutare con esattezza: aspettiamo di vedere come questo nuovo team interpreterà e regalerà il proprio accento personale a questa grande avventura.
P.S. Questo è l’ordine con cui volumi vanno letti:
1. La promessa
2. La ricerca
3. La frattura
4. Fumo e ombra
5. Nord e Sud
6. Squilibrio
Infatti anche se è vero che, secondo criteri editoriali di intelligenza ogni volume mostra un piccolo riassunto e contestualizzazione che permette una lettura anche non necessariamente sequenziale, certamente i legami profondi delle vicende sono più chiari se la storia viene letta dal primo all’ultimo volume, anzi ancor più chiaramente se consideriamo la visione di tutte le serie animate Nickelodeon da cui questa saga ha preso vita.