Il mio piccolo Natale di Astrid Lindgren, uscito recentemente per Mondadori, è un libro unico che merita una parentesi che ne racconti la storia. Questo testo, infatti, è molto particolare, poiché è l’ultimo racconto che Astrid Lindgren scrisse di proprio pugno, nel 1992; dopo di allora smise di scrivere, poiché non riusciva più a scrivere a macchina (ho trovato questo aneddoto qui).

Inoltre la storia è esplicitamente autobiografica, Astrid infatti racconta del suo Natale del 1913, quando lei era piccola e aveva solo sei anni.

«Ma ora vi parlerò del Natale del 1913. Ohi ohi ohi, quanto tempo è passato! Io avevo sei anni. Gunnar, mio fratello, ne aveva sette e andava già a scuola, Stina ne aveva appena due e Ingergerd, lo scricciolo, non era ancora nata»

Il racconto uscì, quasi in sordina, nel 1992 in una raccolta antologica En jul när jag var liten che l’editore svedese progettò, chiedendo a grandi autori di raccontare autobiograficamente un proprio Natale. Il racconto della Lindgren uscì con le illustrazioni di Ilon Wikland, sua storica collaboratrice, poi il testo non fu più ristampato fino al 2021, quando l’editore svedese, detentore dei diritti della Lindgren, ripropose finalmente questo gioiellino, affidando le illustrazioni alla svedese Cecilia Heikkilä, scelta che in realtà non mi ha convinto e di cui poi tra poco vi parlerò.

Il testo della Lindgren è essenziale, bellissimo, intimo, sfaccettato, perché come al solito contempla luci e ombre che percorrono i bambini anche in questo periodo dell’anno che tutti immaginiamo piatto e felice.

Il testo si apre su una Astrid nella neve, in contemplazione del silenzio dell’inverno, mentre si canta una canzone del predicatore evangelico Carl Olof Rosenius, un testo denso di paure e suggestioni, che - Astrid dice - la sua mamma le canta sempre:

«In un bosco fitto e immenso

sotto un ciel di nubi denso

si smarrì fin dal mattino

un bambino.

Tanto lungo fu quel giorno

grigio e bosco tutto intorno.

Solo, il bimbo camminava

e singhiozzava.

Già pensava disperato:

“Mai più ormai del padre amato

la dimora rivedrò!

E qui morrò”

Ma d’un tratto spuntò un raggio

e si trasformò il paesaggio.

Il bambino, fatto un passo,

guardò in basso.

E di colpo cessò il pianto!

C’era ancora tutto quanto:

padre casa, tali e quali,

proprio uguali»

Un incipit, insomma, non proprio usuale, ma che ben calza con quello che poi la Lindgren ci racconterà: la spedizione con il papà e il fratello Gunnar nel bosco alla ricerca dell’abete per l’albero di Natale. Astrid infatti rimane indietro, si dispera, ha paura, prima di essere ritrovata dal papà e da Gunnar. Un brivido dato dal silenzio che si contrappone al lavorio in casa della mamma e della domestica che stanno preparando la casa e la cena per la Vigilia.

Astrid e suoi fratelli vengono spediti a letto e ancora una volta non è la felicità, ma un’altra emozione diversa a invadere la camera:

«Che triste Natale si annunciava! L’indomani era la vigilai e non avrebbero mai fatto in tempo a sistemare tutto per farlo somigliare a un vero Natale»

Quello che accade nella notte è una sorta di miracolo e neanche Astrid se ne capacita:

«Come aveva fatto a diventare tutto così bello? Sembrava quasi una magia!»

Seguono poi momenti che fanno parte, anche oggi, delle tradizioni familiari di tanti: l’addobbo dell’albero di Natale, i pisolini dei fratelli, l’apertura dei regali, la gioia incontenibile per un paio di stivali nuovi e l’orgoglio di sfoggiarli, le arance («erano asprissime, ma deliziose per noi che avevamo le arance solo per Natale), la messa di mezzanotte e poi, il giorno dopo, la corsa sulla slitta fino a casa della nonna, dove tutto è caldo, tutto è pronto, tutto è buono. Il riunirsi di cugini e zii, i quadri misteriosi dei nonni e i giochi in una giornata che i bambini possono vivere con indipendenza, soli nel loro mondo tra giocattoli nuovi e oggetti della casa vecchia… E, infine, a coronamento di un’infilata di giorni così speciali, il ritorno nella notte nel bianco nitore della neve fino a casa, cantando a squarciagola.

La storia è raccontata splendidamente da una Astrid Lindgren che sa essere essenziale, precisa e vivida nel raccontarci ogni dettaglio del tempo che trascorre e dello sguardo dei bambini.

Sono, invece, rimasta un po’ delusa - come vi anticipavo - dalle illustrazioni di Cecilia Heikkilä che, a differenza dell’universo illustrativo declinato variamente nei libri della Lindgren, risultano invece statiche, fredde quasi un poco formali. I bambini sembrano in posa, la perfezione di alcuni dettagli non si sposa con gli spazi vissuti, sbeccati e amati che la Lindgren ha saputo raccontarci. Manca il calore e la vita gioiosa di questi bambini.

A dispetto delle immagini, però, il testo vale completamente il libro.

Dai 5 anni.

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Il mio piccolo Natale, Astrid Lindgren - Cecilia Heikkilä - Laura Cangemi (traduttrice) 32 pagine Anno 2022 Prezzo 16,00€ ISBN 9788804756002 Editore Mondadori
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