Aspettavo il libro Lotta combinaguai, di Astrid Lindgren, per almeno due motivi significativi: innanzitutto avevo voglia di rileggere e reincontrare Lotta, che avevo già conosciuto con il nome Betta nelle due avventure tradotte in italiano da Il gioco di leggere, e secondariamente ero assolutamente curiosa di vedere come Beatrice Alemagna avrebbe deciso di affrontare il confronto con Ilon Wikland, storica illustratrice dei racconti della scrittrice svedese.
Lotta Nyman è una bambina di 4 o 5 anni con due fratelli, Jonas e Mia-Maria, che abita in una bella casa gialla con la mamma ed il papà.
Lotta combinaguai è una ampia raccolta di storie – 15 in totale – che però a mio parere non è organizzata benissimo: c’è una prima parte (I bambini di via Combinaguai) che raccoglie 10 brevi racconti narrati in prima persona da Mia-Maria e poi una seconda parte (Lotta di via dei Combinaguai) dove si racconta in terza persona un’avventura unica, divisa però nell’indice in 5 capitoli (perché?!). Sarebbe davvero interessante scoprire filologicamente questi racconti che storia hanno: sono avventure indipendenti? Astrid li pensò uniti da subito? Perché il cambio di punto di vista (prima persona/terza persona)? Ma qui si aprirebbe un capitolo che non so a quanti potrebbe interessare. Dedichiamoci invece al testo così com’è.
Leggere i racconti di Astrid è un’esperienza intensa e nostalgica. Anche se non c’è niente di fantasioso né magico nelle sue storie – troviamo ad esempio il racconto di una giornata in campagna con i nonni, dei giorni che precedono il Natale, di un viaggio in treno, del giocare ai pirati sul tavolo, della visita dei cugini – niente è banale, tutto è ricco di emozioni, vita, oggetti: è come ritrovarsi seduti su di una sedia nel soggiorno di casa Nyman ad osservare e a godere dei suoni, dei profumi, dei colori della casa e del giardino, sembra quasi di toccare la lana dei gomitoli della signora Berg o il tessuto usurato e sporco di Orso il maialino di pezza di Lotta. Certo, sono bambini di un altro tempo, un tempo in cui i bambini piccoli possono andare da soli a comprare i giocattoli per Natale, in cui scavalcano la staccionata e vanno a far merenda dalla vicina, in cui Lotta viene lasciata a casa da sola mentre la mamma va a fare la spesa, ma sono soprattutto bambini: capaci di divertirsi con quattro pezze colorate, che strabuzzano gli occhi guardando le stelle, che sognano i regali di Natale e che attaccano le focaccine agli alberi per gli uccelli.
Astrid Lindgren, come ho già avuto modo di dire, rende straordinario l’ordinario: basta notare come un maglione che pizzica diventi l’imprevisto che innesca un’avventura che prevede viaggi, banchetti, riconquiste… Si guardano le solite cose come le vede un bambino: chi hai fatto esperienza della "seccatura" di avere un fratello minore sa di cosa parlo! E il brivido di dire le parolacce? E quella rabbia irrazionale che solo gli adulti sanno scatenare nei bambini? E il divertimento di sguazzare nelle pozzanghere, giocare nella casa sull’albero, fare le gite allo stagno, arrampicarsi sugli alberi? Mi piace molto anche il fatto che i bambini non siano soli, ma realisticamente inseriti nella comunità della propria famiglia (che bello il papà che va a riprendersi Lotta che ha traslocato dai vicini o che offre la merenda in pasticceria ai suoi bambini, oppure la mamma che di fronte a Lotta che dice che non riesce a chiedere scusa, se ne esce con una battuta così commovente «E se ti chiedo scusa io? Se ti dico così: Scusa Lotta mia per tutte le volte che io sono stata cattiva con te?»), perché i bambini non sono mai nessuno se si prescinde dai loro legami.
In questi racconti si ritrova tutto quello che, pur sembrando effimero e poco significativo, arricchisce invece questi scorci di vita rendendoli veri e belli: ci sono le focaccine alla cannella e gli stracci per spolverare, c’è il brodo di Natale e i centesimi nel portafoglio, le caramelle e i corredi per le bambole.
I racconti sono piuttosto lunghi e sono caduti a pennello per questa settimana di malattia di Saverio: se i bambini sono allenati, dai 5/6 anni si possono leggere gli episodi per intero, se no meglio accontentarsi di leggerli a puntate. I racconti sono splendidi, su tutti Che bello quando arriva Natale e tutta la lunga avventura finale. Saverio è rimasto calamitato, a differenza di quanto era successo con le vecchie storie di Betta: non abbiamo fatto che leggerli e, anche se non è un albo (le tavole illustrate sono numerose – poco meno di 50 per 122), ha seguito con attenzione, ascoltando.
Beatrice Alemagna ha scelto di rimanere fedele a se stessa, leggendo ed offrendoci la SUA Lotta, la SUA Svezia e i SUOI spazi e io ho trovato questa scelta molto convincente. Le stanze con i giocattoli per terra, le vetrine di Natale, le teiere fumanti, la pioggia scrosciante, le focaccine con la marmellata… Beatrice ha la capacità di vedere tutti i dettagli e le minuzie e per racconti come questi non si poteva scegliere illustratrice migliore. I disegni illustrano i momenti chiave in modo intelligente e facilitano l’ascolto con equilibrio. La ricchezza dei segni dei colori che riempiono le tavole, a scapito del bianco, regalano la ricchezza vitale di questi racconti, ne disegnano i profumi, ne raccontano le superfici, mentre la scelta dei colori testimonia una riflessione sull’origine nordica di questo mondo. L’empatia che i personaggi comunicano è, a mio parere, straordinaria: gli atteggiamenti, i piedi, gli sguardi, le braccia, le espressioni… tutto è naturale e profondamente vivo e vero: i bambini sono bambini, gli adulti sono adulti con una naturalezza disarmante.
Un libro da regalare a tutti i bambini per Natale, anzi prima! Perché il racconto natalizio vale la pena di essere letto il giorno della vigilia.
[…] Lotta combinaguai, Mondadori, 2015 […]