Åsa Lind, per chi non se la ricordasse, è l’autrice sottile e filosofica della saga Lupo sabbioso edito da Bohem. L’autrice svedese torna sugli scaffali italiani dopo molti anni di assenza con un albo illustrato in forma di leporello molto particolare che riecheggia le atmosfere intime, di pensiero e di domanda che caratterizzano in modo significativo la sua scrittura narrativa.
La parola è affidata alla bambina protagonista che accanto al nonno, su un pontile, guarda sciogliersi i riflessi del sole di un’estate ormai matura sulla superficie di un lago o dell’oceano.
«E venne il giorno, l’ultimo giorno d’estate. Il nonno disse che erano in arrivo le tempeste d’autunno»
Su quella che appare agli occhi dei lettori come un’isola e che riecheggia le avventure di Tempestina ma anche i tanti scritti di Tove Jansson, questa bimba bionda vaga tra le betulle, allontanandosi dalla casa di legno rosso e godendosi gli ultimi scampoli di calore e di gioco libero che la vacanza permette. Questo attimo di pura felicità, che i disegni di Emma Virke raccontano con una limpidezza calda e perfetta, viene infranto dai bambini “più grandi” che corrono a riva e si gettano in acqua.
«Gli altri però sapevano nuotare. Senza braccioli. Fino alla zattera»
«Tutte le risate li seguirono» e alla piccola bambina bionda non rimane che rimanere tutta sola sulla riva.
Ma è davvero sola? Come il lupo sabbioso era sorto dalla sabbia per fare compagnia a Zackarina, così la vita brulicante della riva, tra insetti e canne, arriva a sorridere alla piccola lasciata indietro.
«Eppure non proprio»
Tutti i propositi dell’estate di cui sono pieni libri, spesso non tengono conto della possibilità della sconfitta: può trascorrere un’estate e possiamo drammaticamente non aver ottenuto raggiunto quello che desideravamo davvero toccare o conquistare, ad esempio imparare a nuotare.
Quell’“eppure non proprio” è la chiave di lettura. Come non è proprio vero che si è soli a riva, forse non è proprio vero che la sconfitta è una sconfitta.
La sera arriva veloce, scura, paurosa (bellissimi i contrasti cromatici creati come effetti dell’ultimo sole), il vento soffia, le giornate si accorciano sempre di più: davvero l’autunno è alle porte. Un cambio di punto di vista trascina il recto (il davanti) del leporello alla fine, dobbiamo passare al verso (il retro) della sequenza di illustrazioni: è finito il “di giorno” del titolo, ci apprestiamo a incontrare il “di notte”.
La bambina è a letto, dorme, ma il testo non le toglie la parola: il punto di vista non diventa esterno, ma rimane perfettamente focalizzato.
«Vieni, notte. Venite sogni di ali e di libellule»
La notte o meglio la protagonista stessa chiama a sé le suggestioni, i desideri… e trasforma tutto.
I colori chiari del giorno, il calore bruciante dell’estate si trasformano in una notte vivida di luci, colori e movimenti.
È un turbinio cosmico.
Il sogno occupa lo spazio di questa sequenza notturna dove la gioia, il divertimento, il gioco, il cielo, l’acqua, le rane si animano come in uno specchio d’acqua. Non manca l’elemento perturbante: il nero e i profili mostruosi cercano di fare capolino tra le illustrazioni, ma vengono ignorati o travolti dall’euforia del movimento del sogno.
Si sprofonda, si vola, «ma sott’acqua le braccia sono ali. Di nuovo su. Verso la superficie».
Il risveglio gioioso accanto alla finestra con le prime foglie abbandonate al vento coincide con una nuova consapevolezza: anche l’autunno è ricco di promesse, di ricerche e di scommesse.
«L’estate prossima di certo nuoterò fino alla zattera. Senza braccioli»
La scrittura asciutta e ricca di significati della Lind si distilla in questo albo, dialogando con immagini ricche, mosse e pulsanti che le linee, come il vento e l’acqua amplificano.
Un albo sui giorni e le notti e le occasioni che non mancano.