Non ho mai amato i libri su cacca e pannolini. Insomma, ad un certo punto sì uno la cacca la fa nel vasino, passo importante per cui si impara a lasciare andare qualcosa di sé, mi dicevano le ostetriche, ma sul distacco appunto e sul crescere ci sono albi ben più interessanti. Forse tutto questo è legato al fatto che non so prendermi molto in giro e che in fondo, boh, ridere della cacca-pipì… fatto sta che quest’estate ho avuto il primo vero rammarico per non aver studiato le cacche un po’ più da vicino!
Avevo già disquisito su un problema simile quando parlai delle orme, ma in Trentino Alto Adige il problema quest’anno si è posto anche in termini di cacca: chi sarà mai passato di qui? Un camoscio? Una pecora? Una capra? Uno stambecco? Un tasso? Una volpe?
Questa indagine, degna dei migliori detective, ripercorre lo stesso percorso di una famosissima talpina, in una storia che ormai è long-best-seller ormai dal 1989: Chi me l’ha fatta in testa.
«Una sera quando, come al solito, la piccola Talpa mise la testa fuori dalla tana per controllare se il sole se n’era andato ecco cosa successe. Era rotondo e marrone – pareva un po’ una salsiccia – e il peggio fu che le cadde proprio in testa – splic».
Io poi, certamente, sono rigida e sono un ottimo esempio di chi non sa prendersi in giro, ma in questa prima tavola c’è un’associazione cibo-cacca che trovo disgustosa e poi eccola là bella spalmata in testa… Ma dico io, perché non se la leva immediatamente?!?!
Accanto alla reazione della mamma-blogger-rigida c’è poi invece quella del bambino (Saverio) che, esilarato dalla situazione, inizia a ridere dopo appena poche righe.
Da questo momento il miope mammifero si avvia alla ricerca del malfattore “cagone” (così immediatamente chiamato da Saverio), accusando di volta in volta gli animali più disparati che per discolparsi non trovano altra soluzione che fare la propria cacca ai piedi della talpina: c’è lo «splusc» lattiginoso del piccione, le pallottole del cavallo, i pisellini della lepre, gli gnocchetti della capra… Quindi se non avete ancora avuto i conati di vomito al solo pensiero di mangiare gnocchi ai piselli e salsiccia, potete ancora godervi la «focaccia» della mucca. Niente, come potete ben capire la cacca in testa della talpa ha un autore ben diverso, saranno le mosche, esperte del settore e grandi mangiatrici di cacche (ma bleah bleah bleah!!!) ad identificare con certezza l’autore di cotale odorosa meraviglia. La vendetta è dunque alle porte e alla talpina, raggiunto il malfattore, non viene in mente altro che… fargli la cacca in testa.
«“Ecco qua!” Felice e soddisfatta la piccola Talpa s’infilò sotto terra, dove nessuno gliela avrebbe potuta fare in testa.»
Io trovo il testo di Werner Holzwart disgustoso e questo tour delle cacche davvero un po’ disturbante, se non fosse che si possono imparare a distinguere gli animali: eppure i bambini ne sono deliziati.
Il testo ha tutti gli elementi per risultare un’ottima lettura ad alta voce (un brava! alla traduttrice Donatella Ziliotto) ed è esattamente il motivo per cui esso impegna una gran parte della pagina.
Il personaggio è esilarante con il suo copricapo caccoso; i testi, in prima persona e di tono acceso, si intervallano a riflessioni descrittive sulle diverse produzioni (in corpo minore nel testo, come a consigliare un abbassamento di tono); la ripetitività delle scena crea un climax ascendente fino allo scioglimento del mistero; l’uso dei deittici («io la faccio così») invita poi al mimo e infine, a mio parere, ciò che vince largamente con i bambini è la tematica forse percepita un po’ come tabù (chi non ha mai detto a suo figlio che di cacca non si parla a tavola… ecco).
Saverio si sbellica, io non vorrei mai leggerlo.
A ciò si aggiunga – per smontare totalmente la mia posizione inflessibile – che l’illustratore è niente meno che Wolf Erlbruch, che mostra di avere un’ironia ben più sviluppata della mia, passando da libri sul destino, la filosofia e la poesia a un libro… sulla cacca. L’allure un po’ aristocratica e intellettuale dei personaggi, devo ammetterlo, fa ridere: il cavallo con gli occhiali da vista, la mucca insofferente e la stessa talpina che sembra un filosofo orientale con il suo turbante caccoso. L’illustratore tedesco non tralascia i particolari: ecco la contrazione addominale della lepre, il codino della capra, la suzione appassionata delle mosche e naturalmente la forma e il colore delle stesse cacche.
Ecco un libro odio-amore che divide la blogger e il suo bambino: e voi siete caccosi?
Se il libro vi piace potete andare a cercare la vostra «ristalpa».
Chi me l’ha fatta in testa?
Werner Holzwarth - Wolf Elbruch - Donatella Ziliotto (traduttrice)
24 pagine
Anno: dal 1989 ristampe costanti
Prezzo: 6,00 €
ISBN: 9788884516725
Salani editore
Anobii
Ciao Susanna, mi sono persa via devo assolutamente aggiornarmi sul tuo blog 😀
Dunque, noi abbiamo trascorso l’estate ad ascoltare “La canzone della cacca”, non c’è stato nulla da fare. Il cd del nido era perennemente sintonizzato su quel brano. Alla fine mi è venuto a piacere anche a me!
Questo libro illustrato da Erlbruch non è tra i miei preferiti, e io amo assolutamente questo genio di autore. Però, lo proporrò presto a Ilde, sono convinta le piacerà.
Grazie di essere passato da qui Sebastiano. Bianca Pitzorno è una delle mie scrittrici preferite e conosco Lavinia, mentre La canzone della cacca è un libro che ho intercettato, ma evitato. Sono contenta di poterti conoscere: ho visto che hai scritto molti libri e se quello che vende di più è proprio sulla cacca, insomma dovrò farmene una ragione!
Sull’argomento si sono cimentati scrittori di valore: Roberto Piumini (con Giovanni Caviezel, “La canzone della cacca”, Gallucci, 2011) e Bianca Pitzorno (“L’incredibile storia di Lavinia”, Einaudi Ragazzi, 1985). Sulla scia del tuo post, oggi ho fatto leggere quest’ultimo libro a una mia amica che è schifatissima dall’argomento cacca: beh, vuoi sapere? Le è piaciuto! In effetti la scrittura di Pitzorno è molto piacevole e spiritosa. Il libro della talpa invece non l’ha entusiasmata (per usare un eufemismo).
Io invece sono diventato uno specialista dell’argomento, trascinato da una mia amica: è per lei e per sua figlia che ho scritto le mie prime filastrocche (sulla cacca, naturalmente!). C’è poco da fare: per i bambini l’argomento è irresistibile. Ho scritto diversi libri di filastrocche, su argomenti vari, e li amo tutti di un amore imparziale; ma non è così per i lettori: il mio libro più venduto è proprio sulla cacca.
No, ecco… Io sono assolutamente snob e schifiltosa di fronte a certi voluttuosi indugi sul particolare ripugnante. Ma credo di essermi fatta per bene le ossa con La famiglia Caccapuzza, infelice regalo di amici, dopo le prime gloriose letture a-disco-rotto, fortunatamente dimenticato sul suo scaffale tra altri albi assai più meritevoli ai miei occhi. Almeno fino a quando non tornerà in voga!