Il piccolo principe è un romanzo celeberrimo, entrato nel cuore di moltissime persone, per una storia limpida, perfetta, umanissima, scritta da Antoine de Saint-Exupéry nel 1943 e da allora ristampata anno dopo anni per le nuove generazioni.
Un libro su cui ci sarebbero e ci sono pagine e pagine di commenti e riflessioni… ma per voi, miei lettori, ho due desideri: mostrarvi come, oltre una bellezza superficiale che le parole di questo autore hanno saputo intrecciare magistralmente, questo romanzo ha una ricchezza di echi, figure, immagini e storie che si coglieranno meglio se conoscerete la vita dell’autore e le sue opere (per cui potete partire da qui e andate a leggervi i suoi altri romanzi!). Il secondo desiderio è quello di raccontarvi il mio punto di vista e lo stupore che la nuova edizione Mondadori con le parole di Chandra Livia Candiani e le immagini di Beatrice Alemagna hanno saputo destare in me.
Il piccolo principe è un romanzo così toccante, eppure molto più vasto delle frasi che spesso sono estrapolate a mo’ di sentenze e aforismi: c’è molto di più di «l'essenziale è invisibile agli occhi».
Il romanzo si apre in tono interlocutorio e si rivolge ai bambini e ciò fa credere ai lettori adulti, che il libro si rivolga proprio ai piccoli, cadendo immediatamente in un fraintendimento che è tipico degli adulti: «hanno sempre bisogno di spiegazioni».
Eppure se ci fate attenzione anche la voce narrante, figura letteraria e adulta dell’autore, parla di sé come di un bambino:
«Nel corso della mia vita, ho incontrato moltissime persone serie e ho vissuto tantissimo in mezzo ai grandi. Li ho osservati da vicino. E la mia opinione non è migliorata granché»
Cosa rende questo adulto, aviatore, scrittore diverso da tutti gli altri? Cosa lo rende bambino? L’incontro con il piccolo principe.
Il romanzo prende avvio da un’esperienza reale, che l’autore si è trovato a vivere più volte, quella di subire un incidente con l’aereo e trovarsi da solo nel deserto. La narrazione in prima persona ci fa subito percepire che la storia che stiamo per ascoltare ha un qualcosa di vero e di personale:
«siccome non avevo com me né un meccanico né passeggeri, mi accingevo a tentare, da solo, una riparazione molto difficile. Era una questione di vita o di morte. Avevo acqua da bere appena per otto giorni»
Ed è proprio in questa manciata di giorni che il protagonista incontrerà il piccolo principe, scoprirà il suo mondo e ne rimarrà segnato per sempre. Otto giorni, 192 ore, nient’altro.
Il tutto si apre con il famosissimo dialogo del disegno della pecora («“Per favore, disegnami una pecora!”») e poi prosegue con il racconto centellinato che il protagonista ascolta dalla vocina del piccolo principe: il suo pianeta, i suoi tre vulcani, la sua rosa e poi il viaggio, il pianete del re, il pianeta del vanitoso, il pianeta del bevitore, il pianeta dell’uomo d’affari, il pianeta del lampionaio, il pianeta del geografo, e poi la sua scoperta della Terra, l’amicizia con la volpe e infine l’incontro nel deserto che segna la fine (?) del suo viaggio.
Quello a cui il protagonista assiste è il fiorire di un mistero, il dipanarsi stupefacente di una vita concentrata e significativa in ogni attimo:
«Quando il mistero è troppo sconvolgente, non si osa disobbedire»
Così dirà all’inizio l’aviatore, quando ancora non aveva ascoltato niente! Il racconto del piccolo principe è una spinta costante ed esemplare verso l’essenziale, che è il vero, l’umano e il trascendente che pulsa nel cuore di ciascuna creatura, ma niente di più lontano da un discorso retorico e autoincoraggiante, ma una vita, una serie di incontri vissuti intensamente uno per uno, incontri che fanno piangere, ridere, gioire e disperarsi in modo assoluto, senza nessun anestetico o filtro formale.
«“Il fiore che tu ami non è in pericolo… Io disegnerò una museruola alla tua pecora… Io disegnerò un’armatura per il tuo fiore… Io…”. Non sapevo bene cosa dire. […] È così misterioso, il paese delle lacrime»
Noi siamo abituati a sentire come centrale il rapporto del piccolo principe con la volpe (i dialoghi sul «guadagno [è] il colore del grano» sono celeberrimi), ma in realtà il rapporto costitutivo che sfida e interroga il piccolo protagonista biondo, per tutto lo svolgersi della storia, è il ben più complesso e sfaccettato rapporto con la sua rosa!
«A quel tempo non sono stato capace di capire niente! Avrei dovuto giudicarlo dalle azioni, non dalle parole. Mi dava profumo mi dava luce. Non avrei mai dovuto andarmene! Avrei dovuto intuire la sua tenerezza dietro i miseri trucchi. I fiori sono così contraddittori! Ma ero troppo giovane per saperlo amare»
«“Ma sì, ti voglio bene” gli disse il fiore, “e tu non l’hai mai saputo per colpa mia. Non ha importanza. Però tu sei stato sciocco quanto me. Cerca di essere felice”».
Il viaggio tra i pianeti è un viaggio allegorico preciso e pungente sull’ottusità adulta, sull’immobilità dei grandi, sulle scuse moralistiche che non fanno crescere più, sulle fissazioni credute realizzazione, come il possesso, il governo… scene che si autoreplicano all’infinito, sempre uguali a loro stesse.
«Sulle cose serie il piccolo principe aveva idee molto diverse da quelle dei grandi», eppure lo sguardo del piccolo principe è quanto di più amorevole e disarmante si possa fare esperienza.
«Il piccolo principe lo guardò e sentì di amare quel lampionaio così fedele alla sua consegna».
Il piccolo principe è infatti una figura perfetta che incarna l’infanzia, un personaggio capace di vivere nello spazio nel peso della realtà ma con un anelito che travalica e trascende la carnalità dello spazio e del tempo, un bambino-ometto che sa soffrire ed essere felice, visceralmente, tutto intero come solo i bambini sanno fare. Il piccolo principe ha un sguardo che ama visceralmente l’effimero e il superfluo, come l’eterno e il necessario semplicemente perché lo toccano:
«“Noi non annotiamo i i fiori” disse il geografo. “Perché? Sono la cosa più bella del mondo!” “Perché sono fiori effimeri”»
Spesso idealizzato come ingenuo, il piccolo principe è invece molto più saggio e acuto di coloro che si reputano intelligenti (pensate come coglie immediatamente il sottinteso del serpente…), anche lui tuttavia nel suo viaggio cresce, impara, approfondisce il suo desiderio di amare: comprenderà cosa significa amare la sua rosa, dopo l’incontro con la volpe, ad esempio. Capirà il valore dei riti, del tempo che scorre, la nostalgia e il significato di casa.
Il finale della storia spiazza ancora l’adulto perché il piccolo principe, come non ha paura di amare e di piangere a dirotto, non ha paura di morire, non ha paura di dimenticare, perché non lo farà. Torniamo a guardarlo con gli occhi del protagonista aviatore e sentiamo il viscerale dolore di doverlo lasciare andare.
«“Anch’io guarderò le stelle. Tutte le stelle saranno pozzi con una carrucola arrugginita. Tutte le stelle mi verseranno da bere…”»
La traduzione precisa e storica dell’edizione Bompiani viene resa più scorrevole, quasi poetica con poche varianti, da Chandra Livia Candiani, poetessa a cui è stata affidata la nuova traduzione.
La grandissima rivoluzione è, però, il nuovo apparato illustrativo che è stato affidato a Beatrice Alemagna.
Questa operazione editoriale è unica e rara, poiché le illustrazioni del testo originale sono dell’autore stesso, cioè di Antoine de Saint-Exupéry e quindi scegliere di sostituirle poteva essere molto complesso, tuttavia il risultato è stupefacente.
Beatrice Alemagna è stata la scelta perfetta, perché con il suo stile è riuscita a racchiudere una umanità commovente, fragile eppure solida e certa.
Come accade con i bambini: a guardarli spesso si ha paura di rovinarli, di stropicciarli, di ferirli irreparabilmente... sembrano appunto così deboli, ma nulla è più lontano dalla verità, perché i bambini hanno una forza fulgida.
Beatrice Alemagna riesce a restituire in questo nuovo piccolo principe, dai capelli biondi, le scarpe da ginnastica, i gesti gentili e gli occhi curiosi esattamente quell’essere indomito e completamente dipendente, un bambino che abita il mondo e la morte, l’immaginazione e la realtà con la medesima cura.
Il piccolo principe si abbandona a pianti disperati, paure, ma anche a felicità e riso, a gesti e a momenti di silenzio e di contemplazione e ha sguardi penetranti che non fanno scuse e sfidano il lettore e ogni altro interlocutore senza paura.
Altra grandissima rivoluzione è l’inserimento nelle illustrazioni della figura del protagonista aviatore, l’adulto, spettatore umanissimo che si lascia colpire e toccare, riconoscendo in sé un’umanità non sopita.
Sono commoventi i gesti di cura che questo aviatore ha per il suo piccolo principe, che testimoniano una progressiva comprensione del mistero che ha davanti e che Alemagna riesce a raccontare con intimità e gentilezza.
L’illustratrice non arriva, rivoluzionando, scartando e voltando pagina, ma in modo rispettoso del lavoro originale, lo interpreta a modo suo, senza nessun desiderio di mettersi in competizione. Il piccolo principe perde la spada e la sciarpa, ma guadagna un bella stella grande su un cappello…
È un libro prezioso bellissimo che merita assolutamente di essere riletto e riguardato, anche dagli appassionati, un libro da proporre ai ragazzi dai 10 anni in su (quale scoperta può essere per un adolescente vedere la potenza rivoluzionare di non essere adulti!), non a caso la dedica recita «tutti gli adulti sono stati bambini (ma pochi se ne ricordano)».
P.S. l’edizione che vedete in comparativa nelle foto è quella di Biancoenero con font ad Alta leggibilità e audiolibro. Una versione perfetta per tutti.