Leggere Jip e Janneke di Annie M.G. Schmidt è come mangiare quelle caramelle gommose ricoperte di zucchero un po’ dure che ti si attaccano ai denti e che esauriscono il loro gusto in un attimo glorioso di esplosione: finita la prima devi subito prenderne un’altra e poi un’altra e poi un’altra ancora.
Il piccolo volumetto cartonato, ultimo arrivato in casa Lupo Guido, raccoglie infatti 40 piccole storie di questi due protagonisti che entreranno facilmente nel vostro cuore, come è stato per Pluk, anche se salutatili, all’ultima pagina, non vedrete l’ora di rincontrarli in qualche altro libro!
A differenza del loro fratellone, però, i protagonisti di queste avventure sono due bimbetti di 3-4 anni e ai piccoli coetanei queste storie sono rivolte. Parliamo di storie quotidiane il cui orizzonte si spinge - quando va lontano - ai grandi magazzini o alla stazione dei treni (raggiunta rigorosamente insieme alla mamma), ma che spazia più facilmente tra la sala e il cortile, tra la camera e la cucina.
Jip e Janneke sono due vicini di casa, due bambini che condividono una siepe e un buco nella siepe e che - in un mondo in cui l’educazione e la crescita erano responsabilità collettiva delle piccole comunità che la vicinanza creava - vivono le giornate tra giochi, scoperte, esperimenti, storie, libri, cani, pozzanghere… Ogni cosa che accade è un evento, ogni giorno un avvenimento: l’influenza, la zuppa di piselli, la scivolata dal corrimano, il compleanno, il gelato con lo zio, le frittelle, la neve, la torta per gli ospiti… Ogni giorno è vissuto con la serietà compìta dei bambini, che non hanno altra preoccupazione se non quella di vivere fino in fondo quello che succede loro.
In questo senso la narrazione dell’autrice è molto interessante, perché riesce a mantenere una voce personale e coinvolgente nel rivolgersi ai lettori e nel raccontare le vicissitudini dei bambini, ma nello stesso tempo rinuncia a inserire giudizi o sguardi adulti compiacenti, anzi al contrario dà la parola al bambino lettore, lasciando a lui il commento finale sulla vicenda:
«Il panino è finito nel giro di quattro minuti. Veloce no?»
«E… clic… eccoli tutti nella foto. È venuta bene? Beh guardate voi!»
«Allora Jip si arrabbia, pianta lì l’aspirapolvere e se ne va fuori. “Non ti aiuterò mai più!” grida. Non è proprio un monello?»
Anzi, focalizzando con più attenzione la scrittura, ci si accorge che il narratore condivide il senso di stupore dei bambini, quasi fosse esso stesso un bambino:
«Jip va a casa di Janneke. “Guarda” dice Janneke, “questo me lo ha regalato mio zio”. Oh, è un cannocchiale. “che bello, posso guardare anch’io?” chiede Jip».
Quell’“oh”, appartenente al narratore, ma che avrebbe potuto pronunciare tranquillamente Jip, trapunta sommesso e quasi invisibile la trama della storia rendendola vivida e familiare. C’è spazio per tutto in queste storie: per l’invidia e le scarpe, la noia e i pupazzi, il desiderio di compagnia e le mele da tagliare, la paura e la panna montata, la gioia di vedersi e le giostre, la competizione e il vaso rotto, la frustrazione di non riuscire e il bucato della bambole, la rabbia e l’orologio nuovo. Eventi, pensieri, emozioni dei bambini, adattamenti e domande si intrecciano in storie interessanti e solide che non cavalcano la scusa della superficialità nel rivolgersi ai bambini più piccoli e nello stesso tempo non ricercano artefatte soluzioni per rendere la quotidianità più interessante. Tutta la scoperta e l’avventura sono celate lì, nello stare insieme a mangiare un panino insieme in cucina.
I pensieri e l’agire dei due protagonisti stupiscono perché risultano coerenti ma assolutamente stupefacenti, proprio come sanno essere i bambini! Capita così che dopo una lettura di un libro illustrato Jip si svegli di notte e sogni il gigante delle illustrazioni:
«E poi tornano a sfogliare il libro insieme. Ma il gigante spaventoso lo saltano»
O che di fronte ad una torta per un ospite speciale decidano di decorare la panna montata con le loro nasate, perché naturalmente era stato vietato loro l’assaggio!
Il cuore e il movimento delle trame è dunque rappresentato da Jip e Janneke, le mamme e i papà (curiosamente interscambiabili perché nominati senza la specificazione di chi siano i genitori) sono presenze che però accolgono, accompagnano e intervengono, sorpassando ancora una volta la contrapposizione semplificata e idealizzata del bambino versus adulto. Le vicende ci raccontano di una familiarità delle due famiglie tale per cui i bambini potrebbero tranquillamente essere pensati come due fratelli. Le illustrazioni in bianco e nero, con molto nero (!) sono particolari e perfettamente intonate al testo: i volti scuri di Jip e Janneke chiedono attenzione e l’occhio dei bambini lettori si soffermerà sui gesti e le dita dei piccoli protagonisti eloquenti come pochi.
Un libro adorabile da leggere un poco alla volta o tutto d’un fiato, ma comunque rigorosamente insieme ad un bambino!