Quando tornerà Hadda? di Anne Herbauts è un albo illustrato molto particolare - come, in realtà, ogni libro dell’artista belga… - che fonda il suo fascino su una mancanza esistenziale, drammatica.
Grazie ad una sapiente costruzione strutturale, l’autrice crea un equilibrio sospeso tra testo e immagini di interni dove a prevalere è il segnale di qualcosa che manca.
«Quando tornerà Hadda?» «Quando tornerà Hadda?» «Quando tornerà Hadda?»...
Ogni doppia pagina è accompagnata da questa domanda, sempre uguale a se stessa, ripetuta senza sosta e sempre posizionata nello stesso posto, in una pagina bianca: ogni pagina bianca la stessa domanda.
Dialoga con questa pagina una serie di illustrazioni di spazi interni chiaramente abitati, spazi quotidiani e casalinghi, precisamente ritratti dalle matite colorate, gli acquarelli e i collage della Herbauts.
Scorci di cucine, balconi, stanze da letto, sale, ingressi luminosi… vuoti, apparentemente, anche se una serie di dettagli comunica al lettore che il passaggio della persona che abita quegli spazi è avvenuto da poco: una porta finestra accostata, un cestino della carta pieno, una serie di pesci freschi appoggiati sul tavolo in cucina, un carrello con la dispensa spostato, la borsa della spesa abbandonata sul pavimento, i giochi del bagno sparpagliati per terra…
Luoghi privi di presenze umane, all’apparenza, ma in realtà profondamente vissuti, come se le persone si fossero appena allontanate, provvisoriamente uscite dal campo dell’illustrazione. Sono immagini vuote, eppure sono soglie intensamente vibranti di presenza, sono illustrazioni che calamitano intensamente il lettore che vorrebbe stare lì, aspettando di vedersi animare la scena. Non c’è niente, ma l’attesa riempie tutto.
Di controcampo alla domanda insistente che viene posta in alto nell’abbagliante pagina bianca, c’è un testo che si posiziona in basso, nella stessa pagina, un testo che possiamo immaginare sussurrato e che non manca mai di rispondere alla domanda.
«Ma sono qui, ragazzo mio, lo so, vedrai oltre l’orizzonte»
«Ma sono qui, amore mio, vedi, hai la mia dolcezza»
«Ma sono qui, pulcino mio, ascolta, porti con te le nostre risate»
In queste risposte amorose e dirette, ricostruiamo un quadro di mancanza che è ben più della separazione di un attimo. Le immagini sono investite da un’attesa che diventa drammatica e commovente: la domanda infatti non chiede “dove sia” Hadda, ma ne chiede il ritorno!
Le risposte immaginate sono sollecite e amorevoli e, anche se immagino possano essere tacciate di sentimentalismo, io credo che non siano tanto lontane da quel che una persona amata e che ci ama ci direbbe, se fosse separata da noi dalla soglia della morte.
È questo un viaggio che la precisione delle illustrazioni rende personale e reale: il dolore non scompare, ma la speranza prende stabile dimora su quelle piastrelle, tra quelle calze stese, tra i cactus ben allineati sul balcone e le mollette abbandonate per terra.
Teresa di Lisieux scriveva: «“La vita è la tua nave e non la tua dimora!”. Fin da piccola queste parole mi ridavano coraggio. Quando penso a queste cose, la mia anima si immerge nell’infinito; mi sembra di toccare già la riva eterna». Credo che questo libro apra una finestra su quel mare con la nave all’orizzonte.