Di storie che raccontano ai lettori più piccoli la frutta e la verdura, assumendo come punto di vista quello dei piccoli abitanti del giardino, è piena la letteratura per l’infanzia, con punte di qualità che Iela Mari, ma anche il celeberrimo Brucoverde hanno reso immortali.
Tuttavia ogni libro di Anna Crausaz che arriva in Italia è, a mio avviso, un evento da festeggiare, perché l’artista svizzera ha uno stile unico ed esatto che richiama - senza scimmiottare - grandi artisti come Munari e Iela Mari, appunto, raccontando la natura in modo essenziale, quasi grafico ma ugualmente imperfetto e reale, grazie alle millimetriche descrizioni dei contorni e delle curve, dei volumi e delle macchie che la natura ricama su ogni cosa.
In questo piccolo volumetto, Che frutto è?, ritornano tutti questi elementi con una cura e un’armonia narrativa molto interessanti.
Quello che seguiamo è il viaggio di due formichine, una formichina grande e una formichina piccola, alla scoperta della frutta.
Nella pagina di sinistra sono riportati i loro dialoghi delle due:
«“Dove andiamo, signora formica?” “Lo vedrai, formichina! Seguimi, ascolta gli indizi indovina! ‘Ho la buccia sottile molto brillante. Il mio nocciolo sembra di legno. Chi sono?’ Formichina, hai capito che frutto è?”»
Fa da contraltare a questo testo una pagina che riproduce esattamente la superficie e il colore di un frutto visto da vicinissimo, con un foro che permette alle formichine di addentrarsi a smangiucchiare la polpa del frutto nominato.
Nella doppia pagina successiva vediamo uno spaccato interno del frutto nominato: la consistenza del nocciolo, la distribuzione e le sfumature della polpa, il picciolo…
Attraverso un altro buchino le formichine escono ed ecco che allora la doppia pagina ci rivela il contesto e il nome del frutto protagonista, nel primo caso la ciliegia.
La struttura narrativa è sempre uguale a se stessa: indovinello dopo indovinello la formichina grande la formichina piccola si arrampicano ed esplorano tanti frutti che appartengono ai giardini di tanti bambini italiani o che comunque sono conosciuti perfettamente (mela, pera, castagna, kiwi, melone, albicocca…).
Ciò che ho trovato veramente interessante è l’attenzione alla descrizione dei diversi frutti cercando di caratterizzarli a partire dall’osservazione e dall’esperienza sensoriale che i bambini possono fare e comprendere con facilità: il melone, ad esempio, ha alla buccia che risuona con un tamburo e «semi tutti ordinati», l’albicocca ha una buccia morbida come il velluto, la prugna ha una buccia che sembra «spolverata di zucchero a velo e quando ci passi sopra la zampe cambia colore».
Buchino dopo di buchino, indovinello dopo indovinello, quello che attraversiamo è un giardino pieno di meraviglie.
Le illustrazioni con il loro ritmo a tre tempi guidano sia all’osservazione quasi microscopica della texture del frutto, poi rappresentano in modo rigoroso lo spaccato interno invitando a riflettere (o a notare!) sull’organizzazione interna del frutto e poi, infine, mostrano il contesto con i fiori, le foglie e la struttura della pianta. Lo sfondo bianco ci permette di concentrare l’attenzione sulla fisionomia della foglia, del fiore e del frutto, e tuttavia queste immagini non sono mai asettiche, ma hanno un che di vissuto che le rende stupendamente vive: le foglie delle piante spesso sono mangiucchiate, a volte accanto al ramo ci sono piccoli abitanti come ragni o vespe, gli stessi protagonisti non sono perfetti e lucidi come a volte li immaginiamo splendenti sugli scaffali di un supermercato, ma hanno una conformazione irregolare, delle piccole macchie, una coloritura non uniforme…data dalla vita.
Questo inanellarsi di di indovinelli ci guida fino ha una sorpresa finale che era stata un po’ anticipata dalla dedica che Anne aveva fatto del libro: «ai dessert di mia mamma».
È un libro molto bello nella sua essenzialità e imperfezione per tutti i piccoli osservatori anche dai 2 anni.