I viaggi in inverno li immagino tanto silenziosi quanto chiassosi e rumorosi sanno essere quelli d’estate.
Per quanto, infatti, la disposizione d’animo con cui si parta possa essere curiosa, contemplativa, in attesa, è inevitabile che il pulsare della vita estiva si faccia sentire sotto forma di mare, di vento, di cicale… l’estate è percorsa sempre da festoso rumore che non si può zittire. L’inverno, invece, con la neve e la pesantezza grigia del cielo è capace di avvolgere i viaggiatori in un silenzio quasi sacrale.
Anne Brouillard - che abbiamo incontrato in un piccolo albo sospeso nel tempo e nella notte - restituisce questa intuizione in un albo-viaggio che scorre sotto un algido e luminoso cielo invernale.
Viaggio d’inverno è un lungo leporello che si può sfogliare, meticolosamente e lentamente, come pagine di una storia silenziosa, ma che si può anche scrutare con uno sguardo d’insieme, svolgendolo per la sua lunghezza di oltre 4 metri.
Il mio consiglio è inizialmente di sfogliarlo, perché impercettibilmente nello scorrere delle pagine, oltre a dipanarsi il profilo di un orizzonte di vita, boschi e case, la luce che l’illustratrice ha impresso nei cieli e nei riflessi del lago cambia dando l’idea sottile del trascorrere del tempo, impressione che, al colpo d’occhio complessivo, si perde.
Nessuna parola, nessuna indicazione oltre il titolo, questo silentbook lascia la parola - se proprio vuole farne uso! - al lettore.
Tutto si apre nell’attesa di un treno, in una stazione, i viaggiatori di spalle ci comunicano l’impellenza di una partenza. Poi, un arretramento minimo del punto di vista ci comunica che forse non siamo più con i piedi sulla banchina: il viaggio incomincia? Siamo forse al finestrino? Da questo istante i binari scivolano velocemente conducendoci lontano ma in vista di una città gelata, spruzzata di neve: il profilo dei palazzi, del bosco sullo sfondo, delle strade scorrono alla velocità che decidiamo di imprimere alla lettura. Lo spazio è leggermente animato da figure umane (è mattino presto?), ma le luci alle finestre e le auto in movimento sono tracce di un’umanità che percorre e vive quei luoghi, seppur in anonimato.
L’impressione è quella di essere a un finestrino. Non c’è soluzione di continuità, tutto è collegato: passano sotto i nostri occhi rotaie, palazzi illuminati in ogni finestra, case dalle imposte chiuse strette in piccoli paesi, un lago, gli alberi resi gioielli dal gelo mattutino, un uomo col cane, un parco giochi ancora inviolato, un fuoco che brucia su un’isoletta, luci alle finestre, finestre scure, un ponte, l’incresparsi dell’acqua sotto il movimento di un traghetto...
La vita dei luoghi è appena accennata e pure presente: tutto interroga il lettore curioso. Chi abiterà in quella casa in fondo al lago che tanto ricorda il palazzo fatato di Marnie dell’omonimo film di Miyazaki? Chi sfida il gelo inforcando la bicicletta? Chi si starà alzando nel calore delle luci di casa? Chi vive in quell’abbaino sul viale? Cosa copre la tenda di quella grande finestra? Dove andranno quelle auto che sfrecciano impazienti?
Quando le pagine del leporello finiscono, ci ritroviamo di nuovo in stazione, con stupore: ma non eravamo andati avanti per una linea progressiva e retta? Il nostro viaggio è stato circolare?
La deformazione che l’illustrazione permette, inserisce in queste pagine l’illusione e la magia di aver percorso un viaggio coerente e in avanti, per poi ritrovarsi di nuovo in stazione, o forse siamo arrivati ad una diversa destinazione?
Lo stato di attesa, che i colori freddi e grigi placidamente quieti e certi dell’arrivo del sole creano, l’aria metallica, le mille sfumature luminose del cielo, tutto contribuisce a catalizzare il lettore su queste pagine e non mi meraviglierei se anche voi tirerete su col naso o proverete a fare nuvolette di calore dalla bocca.
Un libro adulto sull’inverno, sul silenzio delle cose che accadono tutti i giorni.