Lupo Guido porta in Italia, giusto in tempo per Natale, un libro che è una piccola chicca scritta da Ann Rand e illustrata Olle Eksell, uno dei più famosi designer svedesi.
L’autrice americana, insieme a suo marito Paul Rand, scrisse e illustrò numerosi libri per bambini dotati di un piglio antesignano. Negli anni ’50 molti dei loro libri, illustrati con uno stile particolare molto affine al collage, scardinano l’idea di una narrazione relegata al “c’era una volta” per dialogare con i bambini e per raccontare una quotidianità attraverso una sottile riflessione che riguarda lo sguardo (Quante cose so, Scintille e piroette…).
L’autrice, tuttavia, scrisse anche testi per altri, ne è un esempio Edward vuole un cavallo a cui diede vita il tratto gentile del designer svedese, trapiantato negli Stati Uniti, Olle Eksell, notissimo per i suoi lavori pubblicitari.
L’impostazione mentale da graphic designer è evidente in questo libro, che acquista un tono unico proprio in forza delle illustrazioni. Questo è, infatti, l’aspetto del libro che colpisce alla prima lettura. C’è un equilibratissimo gioco di linee, colori, pagine colorate, testo… che ci racconta di uno stile e di un occhio che considera anche l’organizzazione della pagina, la comunicazione dell’oggetto libro: bambini illustrati dentro sagome di cavalli, pagine verdi che intervallano pagine in bianco e nero, pagine rosa che appaiono come sorprese, pagine a fasce orizzontali dove gli arancioni, i verdi e i bianchi si alternano in un dialogo curioso e l’inedito.
A questo si unisce una sensibilità cromatica che si traduce in ritmo (guardate i dettagli che spiccano, colorati, nel bianco e nero o l’alternanza delle pagine colorate) e una spiccata capacità di gestire la linea, su cui si basa la forza descrittiva di queste immagini, che sembrano finemente segnate con una matita.
I gesti sono enfatizzati e la bidimensionalità richiede un’organizzazione degli spazi piuttosto originale, dove tutta una serie di piccoli oggetti viene disseminata nello spazio bianco con sorprendente armonia e dove bambini afroamericani giocano con naturalezza insieme a bambini bianchi.
La storia di Edward è la storia di un sogno, una storia molto semplice ma con una forte carica innovativa: una storia che non ha nulla da insegnare, ma che sceglie di raccontare la piccola gioia di un bambino.
Il piccolo protagonista della nostra storia vive in una grande città americana, dove i palazzi e i grattacieli sottolineano l’impressione di essere piccoli in un mondo grandissimo, tuttavia - lontani da una certa retorica riguardante la città - il nostro Edward è molto felice di abitarci:
«Abitava al ventunesimo piano di un palazzo e la cosa non gli dispiaceva affatto perché da lassù poteva guardare gli aerei e le nuvole…»
C’è qualcosa, però, che tutto sommato gli dispiace della sua situazione: il fatto di non poter tenere in casa un animale domestico, il suo più grande desiderio, infatti, è quello di avere un cavallo.
I desideri dei bambini, in effetti, sono desideri molto grandi e non tengono minimamente conto del contesto. Quindi, nonostante i suoi genitori cerchino di far ragionare Edward rispetto alla fattibilità di tenere un cavallo in un appartamento, questo non impedisce al bambino di sognare e immaginare cavalli tra i più disparati.
In una bellissima tavola verde, punteggiata da colori salmone e tinte rosso, ci immergiamo nei sogni di Edward che si immagina non solo di cavalcare a mò di cowboy pomellati cavalli al galoppo, ma sogna anche cavalli che sembrano oggetti di arredamento.
La narrazione precisa di Ann Rand trova delle soluzioni davvero originali nella messa in pagina dell’illustratore: è bellissima, ad esempio, e la doppia pagina che ci racconta l’andata e il ritorno da scuola di Edward. Il viaggio è raccontato attraverso le orme dei suoi stivaletti rossi che vanno decisi verso scuola, ma che poi tornano a casa trascinandosi. In questa tavola emergono anche alcuni elementi che oggi noi percepiamo come normali nell’organizzazione della pagina, ma che allora dovevano sembrare piuttosto originali: il pompiere che viene citato è completamente al di fuori del taglio della pagina e di lui intravediamo solo uno stivale!
Il desiderio di Edward non trova realizzazione se non fosse che proprio il pompiere - che nella sua fisionomia geometrica in parte ricorda un robottino - indica ad Edward la presenza in città di un cavallo che adora vivere in città e riesce perfino a guadagnarsi da vivere. L’animale da compagnia ideale, insomma!
Edward parte alla ricerca di questo cavallo, pieno di aspettative e ormai certo di essere vicino alla realizzazione del suo desiderio.
La ricerca, come può immaginare chiunque veda un bambino mettersi all’opera, si snoda tra i luoghi più assurdi. Edward, ad esempio, cerca il suo cavallo ai grandi magazzini:
«Trovò cavalli a dondolo, cavalli di pezza e anche di zucchero. Fu un vero spasso, ma di un cavallo in carne ossa e neanche l’ombra»
Tuttavia poco lontano ecco avvicinarsi un cavallo che traina un carretto pieno di verdure, Smitty è il suo nome.
Edward, che non sta nella pelle, immediatamente slega il cavallo dal suo carretto e lo conduce nel suo palazzo, dove si scatena il panico, ma soprattutto dove viene raggiunto dal sorridente pompiere e da un preoccupato verduraio che sta cercando il suo cavallo.
La storia tuttavia ha un finale positivo perché, da quel momento, Edward potrà andare insieme all’omino anziano e a Smitty in giro per la città a vendere verdure.
«Quel giorno accade anche un’altra cosa. Al cartello sul portone d’ingresso fu aggiunta una piccola precisazione. Qui cani e gatti non possono entrare e neanche i cavalli. Ma… ormai ad Edward non dispiaceva più»
Un bel libro e una bella storia sulla felicità di realizzare i propri sogni.