Che cos’è un nonno? Alla festa degli angeli custodi (1 ottobre) si associa giustamente una celebrazione dei nonni in quanto aiuto e sostegno ai propri figli e ai propri nipoti. Di riflesso, sul mercato editoriale si sprecano i libri in cui la presenza del nonno viene celebrata come protagonista indiscussa e io stessa, in diverse occasioni, ho messo al centro belle storie che ritraggono l’opera collaborativa di queste figure.
Eppure è molto vero che i nonni spesso abitano con grande maestria quei luoghi defilati, che stanno ai margini, eppure loro, solidi nel loro esserci, permettono una libertà quasi vertiginosa (ma forse necessaria?).
Ce lo racconta in un albo illustrato suggestivo, come gli acquarelli di Alessandro Sanna sanno essere, Saltafossi, un libro che sembra incentrato su tutto tranne che sui nonni, ma dove un nonno appare, facendo tutta la differenza.
«Abito vicino al grande fiume. La scuola è finita e le giornate sono lunghissime»
Il ragazzo protagonista è solo, libero e, appena avvisando il nonno, («“Nonno, esco. Vado a cercare Saltafossi”») si inoltra in una giornata di ricerca, tra l’erba alta, i pioppi, le forre, le pericolosissime pozze, i castagni, le ripe scoscese, i cipressi…
Chi è Saltafossi?
«Saltafossi è il mio migliore amico!»
Quasi a suggerirci una risposta, mentre il protagonista corre e poi rallenta e guarda e avanza, l’autore dissemina le tavole illustrate di piccole creature: sarà forse la ranocchia che salta disturbata tra le canne? Sarà forse il corvo che occhieggia curioso il movimento rumoroso nella ferma calura estiva?
«Urca! La bicicletta di Saltafossi. La sogno da sempre»
Una bici da cross, la campagna, la solitudine, il caldo… non manca nulla perché l’avventura incominci.
«Saltafossi, dove sei?»
Il fiume, alveo di simboli e significati, sembra in un qualche modo rispondere a questa domanda: il protagonista non è più solo, eccolo Saltafossi che, ombra nello specchio d’acqua, accompagna, incita, spinge l’amico nella corsa e quando non c’è più il riflesso a mostrarcelo ecco che Saltafossi si trasforma in lepre, cavalletta, chiome fruscianti, serpente.
È una corsa vertiginosa che ha tutta l’urgenza della ricerca, dell’entusiasmo, della foga, del bisogno di saltare ogni fosso, di arrivare chissadove.
Il salto temerario, l’ultimo. La bicicletta si ammacca. Disperazione.
«Torno a casa»
Chi è casa?
Quel volto silenzioso che neanche aveva alzato la testa, all’inizio della storia quando il protagonista aveva imboccato il cancello verso la campagna, pronuncia le uniche parole degne di essere ascoltate:
«“Non preoccuparti, la aggiustiamo assieme”»
Ciò che colpisce di quest’albo è la stratificazione che le immagini e le parole offrono, suggerendo un profondità che non si esaurisce sulla superficie.
Dai riferimenti allo spirito dell’infanzia che appare come un Peter Pan alla citazione diretta di Saltafoss, la bicicletta nata negli anni ‘70 che ha segnato in modo indelebile l’immaginario dei bambini di allora, dagli scorci della bassa padana e delle valli di Comacchio dove “saltafossi”, erano invece i barchini che permettevano di muoversi in modo maneggevole tra i canali fino al brulichio di spiriti e creature…
E poi i colori: i toni dal giallo alla terra bruciata di un’estate che arde, fulgida nel bianco luminosissimo che come un’emanazione circonda il protagonista, ma che ugualmente si sporca con la terra e il legno bruciato.
Saltafossi mostra nei margini la forza di ciò che ci segue, di ciò che non ci lascia, di ciò che ci costituisce, nonostante sembri lontano dal cuore, dal centro.
I nonni sono questo.
Un albo sulla crescita e sull’essere che arde e brucia come ogni ricerca esistenziale.