Un gioco da ragazze di Alessandra Lazzarin è la celebrazione del gioco, dell’immaginazione, dell’esuberanza bambina: un tema carissimo agli adulti contemporanei, ma (forse) scontato agli occhi dei bambini che vivono la magia e la straordinarietà delle solite cose senza il bisogno di raccontarsele. Il bellissimo albo illustrato è dunque un libro rivolto prevalentemente agli adulti, un libro educativo, per certi versi ed evocativo per altri, una sorta di album fotografico che una madre, l’autrice, dedica neanche a dirlo alle sue figlie.
«Oggi si va a casa di nonna. Io e Bianca, mia sorella gemella. E Carlotta mia cugina»
Come in un taccuino d’artista, l’autrice-illustratrice ferma con le sue matite e i suoi acquerelli le pose, le espressioni, i giochi delle bambine che in puro spirito infantile non hanno bisogno di altri giocattoli se non ciò che il giardino offre loro. Eccole dunque giocare con le foglie secche, cadere, raccoglierle (forse aiutando la nonna…): le tavole illustrate sono piene di istanti appuntati con perizia, sul bianco nitido della pagina, i volti e gesti disordinatamente accostati ci danno l’idea del lavorio del gioco.
Eppure, ad ogni doppia pagina fitta di appunti visivi, corrisponde, immediatamente adiacente una doppia pagina dove le stesse bambine appaiono in un contesto diverso: un bosco animato dagli animali che lo popolano e che giocano con le bambine in perfetta armonia, il mare aperto, una giungla orientale... L’autrice prova ad immedesimarsi nel gioco delle figlie e dà spazio a quella che immagina essere la visione immaginata delle bambine: la tovaglia tirata con foga giù dai fili per stendere si trasforma in una barca a vela («Il vento porta l’avventura»), le capriole diventano il numero di punta del circo, la siepe una giungla dai mille pericoli, le corse in bici in cortile una vera a propria gara in circuito…
Le immagini sono molto realistiche e spontanee: spesso le bambine sono colte di spalle, assorte nei loro giochi e nelle loro attività… bellissime le illustrazioni delle capriole che comunicano intensamente l’euforia e la gioia di rotolare, provare, cadere, sentire il fresco del pavimento del cortile. Le tavole dell’immaginario sono piene di colore e segnalano in questo modo lo stacco con gli appunti visivi (per me più interessanti!) delle pagine che le precedono.
I giochi coprono tutto l’anno, ma il luogo possibile per il crearsi di questa magia rimane la casa della nonna, vera apertura e chiusura della storia, anche se di fatto una vera chiusura non c’è (guardate cosa spunta dal finestrino dell’auto che torna a casa!).
Mi rimane però una domanda: il gioco è davvero sempre il pretesto per immaginare qualcosa d’altro? Non è piuttosto un godimento di per sé il contatto con le foglie secche o la palla di plastica?
Un libro meraviglioso, per adulti che hanno bisogno di ricordare la complessità e la bellezza del gioco dei bambini.