Immedesimarsi nei racconti che nascono in altri Paesi, spesso lontani storicamente e culturalmente, chiede un livello di immedesimazione profondo che riguarda anche la capacità entrare in sintonia con una sensibilità e uno stupore diversi dai nostri.
La grande nave di Huang Xiaoheng e Gui Tuzi è un esempio perfetto.
Le pagine di questo albo colpiscono immediatamente qualsiasi lettore, perché il talento dell’illustratrice lascia senza parole. Gui Tuzi, premiatissima illustratrice cinese, ha una spiccata capacità di adattare le illustrazioni alla pagina, con una una plasticità vivida; lo stile pittorico pastoso, che lascia traccia del pennello e del gesto artistico, coniuga il movimento dei personaggi a quello dell’acqua, dell’aria e degli uccelli, creando scene di confusione, rumore e grumosità tattile che sembrano raccontarci qualcosa aldilà della percezione visiva.
Se le immagini, dunque, facilmente ci raggiungono, addentrarsi nella storia è meno immediato, perché le parole richiedono attenzione, al di là dell’intuizione di una bellezza.
Per comprendere a fondo il carico simbolico ed emotivo di questa storia bisogna, infatti, avere in mente l’impatto anche emotivo del cambiamento rivoluzionario e accelerato che si è verificato in Cina in pochi anni. La storia infatti affronta il passaggio da una società rurale contadina, che sentiva il peso della fatica e che era legata alla terra, ai fiumi e al mare da legami primitivi e profondi, ad un mondo nuovo e ipertecnologico che rischia di dimenticare le sue radici.
La grande nave racconta, dunque, la storia di una nave di ferro e della popolazione di un piccolo villaggio che in lei ha visto qualcosa di simile alla salvezza.
«Nell’estremo sud della Cina c’è un porto sul mare. Molti anni fa era un modesto villaggio di pescatori. La gente del villaggio viveva di pesca. Le piccole barchette stavano ormeggiate nella baia»
Il piccolo paese, spatolato e dipinto nelle prime pagine, dà l’idea di convivere senza soluzione di continuità con l’acqua stessa del mare: le onde lambiscono rive e prati e le volute delle reti si confondono, agli occhi dei lettori, con l'acqua stessa in un gioco suggestivo.
La vita però è dura e «gli abitanti del villaggio cominciarono a discutere su come ciascuna famiglia potesse finanziare la costruzione di una grande nave di ferro, che fosse in grado di portare i pescatori nei più lontani mari, dove il pesce è più abbondante».
La costruzione della nave, a cui partecipano grandi e piccini, ha qualcosa che ricorda la costruzione della torre di Babele: è un’impresa collettiva ed epica. Lontana, tuttavia, da ogni implicazione ideologica la nave nasce come una creatura del popolo con una propria coscienza, tant’è che da subito la narratrice ci parla di lei come di un personaggio autonomo.
«La nave fu infine completata. Gli abitanti del villaggio la mandarono in mare con grandi speranze. Si inoltrò nell’oceano blu, con entusiasmo, spingendosi sempre più al largo»
Il successo della nave di ferro dona benessere e felicità al popolo del villaggio che la festeggiano come un’eroina.
«Alla sera, la grande nave e molte altre barchette si strinsero nella baia erano tutte felici»
Il benessere ha dei riflessi importanti sul villaggio che in un’unica bellissima tavola sembra evolvere, trasformandosi in quella che è a tutti gli effetti una metropoli. La barca viene dimenticata, il benessere porta soldi, turismo e resort e nessuno vuole più andare a pescare. Come uno scheletro dimenticato la barca si sente sola finché un giorno:
«All’improvviso, un forte vento investì il mare e le onde divennero grandi, e poi imponenti. Arriva un tifone! Arriva un tifone!»
Il gigante buono, dimenticato dalle nuove generazioni, mostra la sua lealtà e la sua fedeltà al popolo da cui è nata e mentre le persone fuggono spaventate, si pone con il suo corpo di ferro ad argine e protezione per tutti quelli che riescono a rifugiarsi al suo interno.
«La grande nave sollevò il suo enorme corpo, una durissima barriera di ferro e rame che fronteggiò l’impeto del tifone»
È come se la nave tornasse ad essere vista dalle persone e la sua rinascita è sancita dalla trasformazione in un accogliente parco acquatico.
Il tema della personificazione delle macchine e dei mezzi di trasporto è cara la tradizione russa che ha raccontato, attraverso uno dei suoi cantastorie più importanti Andreji Usachev, l’epopea di scavatrici e gru na La magica Kolyma, ma penso anche a Iosif Brodskij con la sua Ballata del piccolo rimorchiatore… In tutte queste storie è l’umanità il tratto distintivo delle macchine che fanno ciò che devono anche a costo della loro incolumità.
In questa interpretazione cinese, la nave diventa dunque una metafora dell’importanza delle tradizioni e delle legame con l’antico che ha il potere di proteggere il nuovo, le nuove generazioni con lo stesso entusiasmo e con un’indubbia dose di saggezza.
Il testo è asciutto e sintetico e lascia che le immagini con le loro volute e i loro movimenti arricchiscano copiosamente il significato delle parole.
Vi invito ad addentrarvi tra queste pagine con curiosità e attenzione.