Se state cercando un libro per spiegare l’adozione che non si intitoli esattamente “come spiegare a mio figlio che lo abbiamo adottato”, sappiate che probabilmente racconterà la storia di un coccodrillo. L’ho scoperto recentemente leggendo i due libri di cui vi parlerò oggi: Guji-Guji di Chih-Yaun Chen e Cip e Croc di Alexis Deacon.
Le due storie incominciano nello stesso modo: c’è un nido con delle uova. In Guji-Guji le uova sono evidentemente diverse, ma «Mamma Anatra nemmeno se ne accorse». Naturalmente però allo schiudersi, tra l’anatrina a chiazze blu, quella a strisce color castagna e quello tutto giallo, Guji Guji - questo il suo nome - spiccava come «un anatroccolo a dir poco stravagante» con quei denti aguzzi e quelle squame verdi. Nessuno però ci fa caso e la mamma con uguale dedizione insegna a tutti gli anatroccoli i rudimenti della paperosià: nuotare, tuffarsi, incedere dondolando… Guji Guji mostra velocemente di essere diverso, perlomeno più potente e poderoso: «Ma non importava quanto fossero abili o che aspetto avessero, Mamma Anatra amava tutti i quattro i suoi piccoli allo stesso modo». La storia della vita potrebbe incedere senza intoppi se non fosse che la diversità, che in questo caso fa coppia con identità, ad un certo punto va affrontata. L’occasione si presenta per Guji Guji quasi prepotentemente: tre coccodrilli lo vedono, lo deridono, gli rivelano la sua evidente natura anfibia e senza troppi giri di parole lo ricattano perché consegni loro la sua famiglia di «grasse, squisite anatre».
«Guardati bene, sciocco! Niente piume, niente becco, niente zampe palmate! Tu hai la pelle grigiastra, artigli ben affilati, denti appuntiti e la puzza di un feroce coccodrillo. Tu sei uguale a noi…. Noi sappiamo che vivi con le anatre. Portale domani al ponte e insegna loro a tuffarsi. Noi aspetteremo sotto, con le bocche spalancate».
Il re è nudo potremmo dire e Guji Guji è catapultato violentemente di fronte ad un’evidenza che sembra difficile da negare: «E se fosse vero? Sono anch’io un cattivo coccodrillo?». Per il piccolo coccodrillo è la svolta: sceglie chi essere e lo fa con tutta la sua famiglia, dando una bella lezione ai coccodrilli affamati. «Guji Guji continuò a vivere con mamma Anatra… e giorno dopo giorno divenne un … anadrillo, sempre più forte e sempre più felice!».
In Cip e Croc le uova sono apparentemente identiche è la schiusa a rivelarci l'indole alquanto differente dei due cuccioli: tanto inerme, cieco e aggraziato il primo (un pappagallino) quanto rozzo, impulsivo ed energico il secondo (un coccodrillo). Eppure il riconoscimento e l’affidamento reciproco è immediato: «“Ciao Fratello” disse Cip». I due iniziano immediatamente a collaborare, mettendo a disposizione dell’altro ciò che l’istinto detta a ciascuno: Cip sa che se apre la bocca il cibo arriverà, ci provano, poi Croc sente di poter andare a caccia. «“Visto che non conosco ancora i nostri gusti, ho portato un po’ di cose diverse”» recita trasportando un insieme scomposto di granchi, frutta, foglie e semi. I due piccoli crescono così, regalandosi all’altro: «Si allenarono a volare e a galleggiare come tronchi nell’acqua» (questa scena ha strappato molte risate!)… Fino a che un giorno i due fratelli si trovano «in un lago pieno di coccodrilli, vicino ad una foresta piena di pappagalli». Con lo stesso immediato slancio con cui avevano accettato di essere fratelli, ora decidono di separarsi: c’è un’affinità “morfologica” che sembra dover vincere. Eppure «Il giono dopo. Croc salutò il sole con una canzone, “Stai zitto!”, brontolarono i coccodrilli. A pranzo Cip catturò un bufalo “È disgustoso”, commentarono i pappagalli». Dura un giorno la loro separazione, perché Cip e Croc sebbene molto più simili al branco e allo stormo si mancano troppo: «“Non riuscivo a dormire” … “Neanche io” … “Mi mancavi” … “Anche tu”».
Nella storia dell’autore cinese c’è una distinzione identitaria che ho trovato più debole: coccodrillo cattivo/coccodrillo buono: l’inclinazione naturale (un coccodrillo è un coccodrillo ed è naturale che voglia papparsi le anatre!) quindi sembrerebbe un elemento negativo e la scelta sembra essere tra l’essere buoni o cattivi. Molto rassicurante invece nella sua silenziosa e incrollabile affezione è la figura materna che definisce fortemente l'accoglienza come incondizionata.
In Cip e Croc l’identità invece riguarda l’accettazione di sé così come si è e questo l'ho trovato lucidamente più convincente, d’altra parte manca la figura genitoriale e questo ne fa una storia perfetta per due fratelli adottivi (come saranno Saverio e il suo fratellino o sorellina cinese), ma forse meno facilmente proponibile ad un figlio unico.
Le illustrazioni sono molto differenti. Nel caso dell’illustratore di Taiwan si nota fortemente l’origine orientale nei tratti pittorici e nel nero, eppure il linguaggio è universalmente comprensibile e i suoi personaggi, nella contrapposizione tra algida paperosità e incontenibile coccodrillosità, conquistano.
Improntate sul realismo e segnate da un tratto quasi ritrattistico ma nello stesso tempo sfumato come nelle immagini delle fiabe antiche invece le tavole dell’autore e illustratore inglese che mi sono piaciute moltissimo.
Due opere vincitrici di innumerevoli premi, due coccodrilli, due storie che sono piaciute a tutti i miei ascoltatori, due opere capaci di parlare anche di adozione come di una risorsa perché l’individualità di ciascuno possa sbocciare meravigliosamente.
Guji Guji
Chih-Yuan Chen - Alfredo Stoppa (traduttore)
40 pagine
Anno: 2015
Prezzo: 15,80 €
ISBN: 9788895818658
Cip e Croc
Alexis Deacon - Monica Martinelli (traduttrice)
36 pagine
Anno: 2015
Prezzo: 15,00 €
ISBN: 9788898947027
Oh Ada grazie! Avere il parere di una mamma adottiva che ci è già passata aiuta a guardare con realismo alcuni aspetti che forse ancora mi sfuggono. Concordo sulla superficialità della mamma papera, effettivamente l’accoglienza sembra un po’ senza cervello, mentre il punto della differenza è cruciale e io la penso esattamente come te. Ho pensato che l’autore la mettesse volutamente in secondo piano per focalizzarsi sul rapporto tra fratelli, evidenziandone l’affetto incondizionato, però rileggendo le tue parole forse il personaggio andava più coraggiosamente delineato, in termini di coscienza.
Sullo stereotipo del coccodrillo invece non sono così concorde: certo il fatto che si risolva con lo sforzo del coccodrillo di affermarsi “buono” in contrapposizione agli altri è un po’ tirato, però io non ho colto questa cattiveria, l’ho pensato solo un animale differente. Ci ripenserò, comunque, perché se c’è proprio una cosa che non vorrei che il mio secondogenito pensasse è che nulla di bello viene dalla sua origine.
Cip e Croc mi sembra più riuscito fammi sapere cosa ne pensi! Grazie!
Cara Maria, ho letto entrambi i libri ma questa sera ho qui fra le mani Guji-Guji e di questo ti parlerò. Non mi piace, non mi piace il contenuto, non mi piace il modo in cui lo veicola. Ritengo che ci siano sottintesi profondamente sbagliati rispetto al modo che ha di presentare l’adozione.
Cerco di spiegarmi…il libro si apre con una mamma Anatra che cova, senza accorgersi della differenza, molte uova fra cui una che è diversa dalle altre. Come fa una mamma a non accorgersi della differenza? Una mamma adottiva questa differenza ce l’ha ben presente…eccome! Una attesa infinita di un bambino certamente diverso da sè, per nascita e per fisionomia. Se non ce l’avessimo ben presente questa differenza dovremmo preoccuparci…è proprio dalla consapevolezza della differenza che riusciamo a riconoscerci profondamente mamme.
Altra cosa che mi ha turbata profondamente è la scelta di personificare il bambino adottato con un coccodrillo che, nella stereotipia animalesca, è tipicamente associato ad un essere aggressivo e temibile…così infatti vengono presentati i suoi simili. Anche qui mi chiedo…ma un bambino adottato che legge questa storia cosa dovrebbe pensare? Che le sue origini sono male e che solo la famiglia che accoglie è bene? Che ciò che ha lasciato è cattivo? Beh probabilmente del male nelle sue origini c’è, ma ci sarà anche del bello e del bene, fosse anche solamente nella cultura del paese da cui proviene e nella sua storia. Ecco penso che un libro del genere non lo farò leggere alle mie figlie…
È proprio così!
È vero. E poi la pancia è solo un mezzo. Rimani lì come una scema a chiederti da dove accidenti siano arrivati, perché sono sempre altro da te, per quanto ci sforziamo di rivederci in loro.
Incredibile Susanna!! E poi è così, in fondo i figli anche se non vengono da continenti diversi ma dalla tua pancia sono così diversi. Chissà quello in arrivo 🙂
Coincidenza: Cip e Croc lo abbiamo anche noi per lei mani, dall’ultimo blitz alla biblioteca comunale. Sarà un mio squilibrio ormonale, ma mi commuovo sempre attivando all’ultima pagina